Nel giorno dell’anniversario della strage del 7 ottobre, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha pronunciato parole di forte condanna per tutte le violenze che, da due anni, devastano Israele e Palestina. Il cardinale ha ricordato il “massacro degli israeliani di due anni fa” e riconosciuto che “è diritto di chi è attaccato difendersi”. Ma, con equilibrio e lucidità morale, ha aggiunto che “anche la legittima difesa deve rispettare la proporzionalità” e ha chiarito: “La guerra che ne è scaturita ha avuto conseguenze disastrose e disumane”, denunciando lo straziante “conteggio quotidiano dei morti in Palestina”.
Parole di equilibrio e umanità che tuttavia hanno scatenato l’ira del governo di Tel Aviv, sempre più insofferente a qualsiasi voce che non si allinei alla sua narrazione. L’ambasciata israeliana presso la Santa Sede ha infatti reagito con toni duri, accusando Parolin di “concentrarsi sulla critica a Israele trascurando il rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi” e di aver parlato di “massacro” da entrambe le parti, arrivando a sostenere che ciò “rischia di minare gli sforzi per la pace”.
Un attacco diplomatico che rivela quanto il governo Netanyahu sia ormai prigioniero della propria arroganza: dopo aver ignorato le risoluzioni delle Nazioni Unite, ora pretende di censurare perfino il Vaticano, colpevole solo di aver invocato il rispetto del diritto internazionale e della dignità umana.
Il cardinale Parolin, incontrando i media vaticani, ha espresso con chiarezza la posizione della Santa Sede: una duplice condanna, senza ambiguità, di ogni forma di violenza. Pur definendo “disumano e ingiustificabile” l’attacco “terroristico di Hamas e di altre milizie contro migliaia di israeliani che stavano per celebrare il giorno della Simchat Torah”, Parolin ha condannato con la stessa fermezza la devastazione della guerra a Gaza. “Oggi la situazione nella Striscia è ancora più grave e tragica rispetto a un anno fa, dopo una guerra devastante che ha mietuto decine di migliaia di morti. È necessario recuperare il senso della ragione, abbandonare la logica cieca dell’odio e della vendetta, rifiutare la violenza come soluzione”, ha dichiarato.
Il “nodo” della proporzionalità resta al centro del suo discorso morale: “Se è diritto di chi è attaccato difendersi, non va mai dimenticato che anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità. Purtroppo la guerra che ne è scaturita ha avuto conseguenze disastrose e disumane”.
Parolin non ha risparmiato la denuncia più toccante: “Mi colpisce e mi affligge il conteggio quotidiano dei morti in Palestina, decine, anzi a volte centinaia al giorno, tantissimi bambini la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati lì: rischiamo di assuefarci a questa carneficina. Persone uccise mentre cercavano di raggiungere un tozzo di pane, persone rimaste sepolte sotto le macerie delle loro case, persone bombardate negli ospedali, nelle tendopoli, sfollati costretti a spostarsi da una parte all’altra di quel territorio angusto e sovrappopolato. Inaccettabile ridurre le persone a mere vittime collaterali”.
Di fronte a queste parole, l’ambasciata israeliana ha reagito ribadendo il solito mantra: “La recente intervista al cardinale Parolin, sebbene sicuramente ben intenzionata, rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza. Ciò che più preoccupa è l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente”.
Tel Aviv ha poi precisato che “l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa” sarebbe inaccettabile, poiché “non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli. Ci auguriamo che le dichiarazioni future riflettano questa importante distinzione”.
Una replica che conferma l’irrigidimento del governo israeliano, incapace di accettare persino una riflessione morale da parte del Vaticano. Ma Papa Leone ha voluto chiudere la polemica con sobrietà e fermezza, ricordando che “il cardinale ha espresso l’opinione della Santa Sede”.
Un messaggio chiaro: la voce del Vaticano non si farà zittire, nemmeno da chi — come Netanyahu — confonde la critica alla guerra con un attacco a Israele.