La storia di Semyon che va alla guerra con la testa di un bambino
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La storia di Semyon che va alla guerra con la testa di un bambino

Semyon Karmanov da Kemerovo aveva 27 anni. La sua scheda sanitaria era chiara: Semyon, fin dall’infanzia, aveva tre gradi di disabilità, disabilità grave. Da bambino gli era stato diagnosticato un ritardo intellettivo importante.

La storia di Semyon che va alla guerra con la testa di un bambino
Semyon Karmanov
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

8 Ottobre 2025 - 19.45


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Probabilmente, se avesse vissuto, a Kemerovo lo avrebbe fatto da “scemo del villaggio”. E in effetti, la sua Kemerovo, Siberia, fino al tempo del potere bolscevico non era altro che l’incontro di sette villaggi. E quando quei sette villaggi divennero una città, e la città rispose alle logiche economiche del potere centrale industrializzandosi, a Kemerovo aprirono un gulag che nel 1947 contava più di cinquemila “ospiti”.

Semyon Karmanov da Kemerovo aveva 27 anni. La sua scheda sanitaria era chiara: Semyon, fin dall’infanzia, aveva tre gradi di disabilità, disabilità grave. Da bambino gli era stato diagnosticato un ritardo intellettivo importante.

La vita e la morte di Semyon rinviano presto alla letteratura russa. Ivan lo scemo è un personaggio che ricorre nella narrativa russa, nelle pagine di Tolstoj. È un po’ come il mediterraneo Giufà. In più, a Semyon il destino mette i panni della tragedia.

La sua mente leggera e svolazzante, la vita difficile, gli fanno incontrare il carcere, poi la guerra, quindi la morte. Perché Semyon è morto al fronte.

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A raccontare di Semyon è la sorella, Anastasia. Il destino è un cecchino: colpisce con precisione dove è meglio colpire perché il racconto sia un cerchio. È così che Semyon muore al fronte, colpito alla testa. Quella sua testa leggera, nido di farfalle.

Racconta Anastasia dell’avviso dell’ufficio di registrazione e arruolamento militare: riportava che Karmanov, morto “a causa di una ferita alla testa”, era stato sigillato in una bara, impossibile aprirla. Tutto qui, nient’altro.

Semyon Karmanov era stato arruolato nell’esercito nel 2023. A quel tempo era chiuso in una cella, stava scontando una condanna per furto. Non una lunga pena: Semyon sarebbe tornato in libertà nell’aprile del 2024. Ma accade che in cella Semyon firmi un contratto col ministero della Difesa.

Fuori si combatte la guerra contro l’Ucraina, servono uomini, va bene anche Semyon — fa niente che abbia la testa leggera. È l’autunno del 2023: Semyon, firmato il contratto, va al fronte.

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È la madre, Svetlana, a raccontare che il suo Semen — così lo chiamavano a casa — non aveva mai imparato a leggere, per quel suo ritardo mentale. Per questo Svetlana pensa che il suo ragazzo sia stato raggirato, costretto a firmare approfittando della sua credulità, della sua fragilità.

“Non avrebbe potuto leggere quel contratto — dice Svetlana — ne hanno approfittato!”.

In effetti, Semyon aveva avuto modo di confidarsi con la sorella, e le aveva raccontato che, se non avesse firmato, gli avrebbero allungato la pena in carcere.

A quel punto Semen avrà pensato: “Tanto vale partire, prendersi una pallottola in testa che liberi le farfalle. E me.”

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