Trump il dittatore chiede l'arresto del sindaco di Chicago e del presidente dell'Ilinois perché lo 'ostacolano'

Trump ha chiesto l’arresto del sindaco di Chicago, Brandon Johnson, e del governatore dell’Illinois, J. B. Pritzker, entrambi democratici, accusandoli di “non aver protetto gli agenti della polizia di frontiera”

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8 Ottobre 2025 - 18.10


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Donald Trump ha alzato ancora il livello dello scontro politico interno, trasformando la questione migratoria in un banco di prova per la sua idea di potere. In un post pubblicato su Truth Social, il presidente degli Stati Uniti ha chiesto l’arresto del sindaco di Chicago, Brandon Johnson, e del governatore dell’Illinois, J. B. Pritzker, entrambi democratici, accusandoli di “non aver protetto gli agenti della polizia di frontiera” e di ostacolare l’azione federale sul controllo dell’immigrazione.

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“Il sindaco di Chicago dovrebbe essere in prigione per non aver protetto gli agenti dell’immigrazione! Anche il governatore Pritzker!”, ha scritto Trump, dopo aver ordinato l’invio della Guardia nazionale a Chicago, nonostante le obiezioni formali delle autorità statali e municipali.

Secondo quanto riferito da Reuters e Politico, il provvedimento di Trump è stato accolto con sdegno dalle autorità locali, che lo hanno definito “un abuso di potere” e “una violazione del federalismo americano”. Il governatore Pritzker ha annunciato di voler ricorrere in tribunale, affermando che “nessuna legge consente al presidente di usare la Guardia nazionale come forza punitiva contro gli stati che dissentono dalla Casa Bianca”. Il sindaco Johnson ha parlato apertamente di “gesto autoritario”, accusando il presidente di “usare i militari per fini politici” e di mettere in pericolo la sicurezza della città “per puro calcolo elettorale”.

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Da settimane, Trump punta il dito contro le cosiddette “città santuario”, cioè quei centri urbani amministrati da Democratici che limitano la cooperazione con le autorità federali dell’immigrazione. Chicago è una delle più importanti fra queste, e rappresenta per il presidente un simbolo di “anarchia urbana” e di “debolezza liberale”. L’ordine di inviare truppe federali arriva dopo mesi di retorica sulla “necessità di ripristinare la legge e l’ordine” — un leitmotiv che richiama i toni della sua prima campagna del 2016 e che molti osservatori leggono come un segnale di ulteriore svolta repressiva.

CNN e Associated Press ricordano che il Posse Comitatus Act, in vigore dal 1878, vieta l’uso dell’esercito federale per compiti di polizia interna se non in casi di emergenza dichiarata dal Congresso. Trump sostiene che la situazione migratoria al confine e nelle principali città giustifichi misure straordinarie, ma esperti di diritto costituzionale avvertono che si tratta di una forzatura pericolosa: un precedente che potrebbe permettere al potere esecutivo di intervenire contro amministrazioni locali semplicemente perché non allineate.

Le parole del presidente, che invoca la prigione per i suoi oppositori politici, segnano un passo ulteriore nella sua deriva autoritaria. È la stessa logica che in passato lo ha portato a definire “nemici del popolo” i giornalisti critici e a invocare il pugno di ferro contro le manifestazioni di protesta. Questa volta, però, l’attacco colpisce direttamente il cuore del federalismo americano: la possibilità per uno Stato di esercitare la propria autonomia contro le ingerenze del potere centrale.

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“Trump sta usando il linguaggio del potere assoluto”, ha commentato un analista citato da The Guardian, sottolineando come le sue parole somiglino sempre più a quelle di un capo di governo autoritario che considera la dissidenza un reato. E mentre la Guardia nazionale si prepara a dispiegarsi nelle strade di Chicago, la tensione politica cresce: non è più solo una disputa sulla gestione dell’immigrazione, ma uno scontro di principio sul confine tra democrazia e autoritarismo negli Stati Uniti di Donald Trump.

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