Hamas ha iniziato a dispiegare combattenti armati e agenti di polizia in varie zone di Gaza, nel tentativo evidente di riaffermare la propria autorità nel devastato territorio palestinese dopo l’accordo di cessate il fuoco raggiunto con Israele la scorsa settimana.
Immagini provenienti dal sud della Striscia mostrano decine di miliziani di Hamas all’interno di un ospedale, durante il rilascio di ostaggi israeliani lunedì mattina. Nel frattempo, si sono moltiplicate le segnalazioni di sparatorie ed esecuzioni in altre aree del territorio. Canali Telegram vicini al movimento hanno affermato che gli obiettivi erano “collaboratori e traditori”, un riferimento alle milizie locali sostenute da Israele. Nel fine settimana, inoltre, uomini armati di Hamas si sono scontrati duramente con una potente famiglia di Gaza City.
Questa ondata di violenza non sembra mettere in discussione, almeno per ora, la tregua con Israele, ma solleva forti dubbi sul futuro disarmo di Hamas — una clausola cruciale, benché vaga, dell’accordo — e sulle difficoltà che dovrà affrontare la nuova forza di stabilizzazione composta da truppe regionali che verranno dispiegate nella Striscia.
Interpellato da un giornalista sull’Air Force One in merito alle notizie di una campagna di Hamas contro i rivali, il presidente statunitense Donald Trump ha sostenuto che l’organizzazione islamista stava agendo “nei limiti dell’intesa” raggiunta.
«Vogliono fermare i problemi e lo hanno detto apertamente. Abbiamo dato loro l’approvazione per un certo periodo… Ci sono quasi due milioni di persone che tornano in edifici distrutti, e molte cose spiacevoli possono accadere. Vogliamo che tutto sia sicuro. Penso che andrà bene, anche se nessuno può saperlo con certezza», ha dichiarato Trump.
Lunedì sono stati completati i primi passi della nuova intesa: Hamas ha consegnato a Israele venti ostaggi vivi, mentre le autorità israeliane hanno rilasciato circa duemila prigionieri, tra cui 250 condannati a lunghe pene detentive.
Domenica, centinaia di camion carichi di aiuti e merci sono entrati a Gaza, facendo crollare i prezzi nei mercati locali. In agosto era stata dichiarata la carestia in alcune aree, e le organizzazioni umanitarie avvertono che servono quantità di aiuti molto maggiori e in tempi rapidi.
Tuttavia, il saccheggio da parte di bande organizzate o comunità disperate ha reso estremamente difficile la distribuzione degli aiuti, già ostacolata dalle restrizioni israeliane e dai combattimenti ancora in corso.
Le Forze di difesa israeliane si sono ritirate da alcune posizioni e controllano attualmente poco più della metà del territorio di Gaza.
Gran parte della Striscia è in rovina, con la popolazione concentrata lungo la fascia costiera di al-Mawasi e nelle città del centro e di Gaza City, gravemente danneggiate. Secondo fonti militari israeliane e operatori umanitari, Hamas aveva già mantenuto un certo grado di controllo su queste aree, pur restando sotto traccia.
Il movimento armato ha però subito perdite enormi nei due anni di guerra con Israele: la maggior parte dei comandanti di medio e alto livello è stata uccisa, insieme a migliaia di miliziani. Le carceri sono state distrutte e il sistema di ordine pubblico è crollato, lasciando spazio a clan armati, famiglie potenti, gang e milizie locali.
Nel fine settimana, Hossam al-Astal, leader di una nuova milizia filo-israeliana, ha pubblicato un messaggio di sfida sui social:
«A tutti i ratti di Hamas: i vostri tunnel sono distrutti, i vostri diritti non esistono più. Pentitevi prima che sia troppo tardi: da oggi Hamas non esiste più».
Contattato lunedì, al-Astal ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni.
Un’altra figura ora in pericolo è Yasser Abu Shabab, capo delle cosiddette “Forze Popolari”, una milizia sostenuta da Israele nel sud della Striscia. Circolano notizie — non confermate — di pestaggi e fucilazioni tra i membri del suo gruppo.
Un funzionario della sicurezza di Hamas ha dichiarato che è in corso una caccia a Abu Shabab, aggiungendo che un suo collaboratore sarebbe stato “eliminato” nei giorni scorsi.
«La campagna di sicurezza continuerà ed escalaterà finché la situazione non sarà completamente risolta. Nessuno sarà autorizzato a violare la legge», ha affermato.
Il Ministero dell’Interno di Gaza, controllato da Hamas dal 2007, ha annunciato di voler ristabilire “sicurezza e stabilità” nel territorio, ma ha anche aperto “una porta al pentimento e all’amnistia generale” per coloro che si sono uniti alle “bande” senza essersi macchiati di omicidi.
«Tutti gli interessati devono consegnarsi ai servizi di sicurezza entro una settimana per regolarizzare la propria posizione legale e chiudere definitivamente i loro fascicoli», si legge nella nota.
Tra i combattenti che lunedì hanno scortato gli ostaggi verso i veicoli della Croce Rossa, solo uno portava un’insegna di Hamas: una toppa sulla spalla che lo identificava come membro di un’unità d’élite delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, il braccio armato del movimento. Nessuna bandiera né fascia verde era visibile — un netto contrasto con le consegne di ostaggi inscenate nei mesi precedenti, che Israele aveva usato come pretesto per interrompere l’ultima tregua.