"La voce di Hind Rajab" è un film da non perdere: è la voce dei bimbi di Gaza e di tutti gli indifesi del mondo
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"La voce di Hind Rajab" è un film da non perdere: è la voce dei bimbi di Gaza e di tutti gli indifesi del mondo

Credo nella politica. Non quella degli show, siano di Trump, Netanyahu, Putin, Meloni, Salvini o chi per loro. La politica è una cosa seria e questa gente, tranne nobili e rare eccezioni, di serio ha ben poco:

"La voce di Hind Rajab" è un film da non perdere: è la voce dei bimbi di Gaza e di tutti gli indifesi del mondo
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

14 Ottobre 2025 - 20.01


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Ho visto il film “La voce di Hind Rajab”, sulla tragedia dei piccoli di Gaza. Da non perdere. Fa molto riflettere e pensare. E piangere. Ci vorrebbe un film del genere per ogni popolo che soffre la guerra specie sulla pelle dei piccoli e degli indifesi. Per ricordare e non dimenticare mai. 

Non dimenticare mai le colpe di quelli che progettano e attuano guerre, violenze, genocidi, abusi, speculazioni sulle armi e cattiverie di ogni tipo. Non importa a quale etnia appartengano, non importa a quale religione appartengano, non importa da quale cultura provengano: sono cattivi e pieni di odio. E una delle maggiori prove è lo scatenarsi della loro cattiveria verso piccoli e indifesi. 

Diventano sempre più insopportabili tutte queste polemiche “anti” o “pro”: che riguardino Israele o Palestina, Ucraina o Russia o diversi altri popoli segnati da violenze e guerre continue, poco importa. Queste polemiche moltiplicano le tante polarizzazioni già presenti, che chiudono cuore e mente a un dialogo sincero e proficuo. E, infine, favoriscono le guerre e le ingiustizie.

Un popolo ha meriti in più non per la provenienza, non per il colore della pelle, non per il numero delle ferite o dei colpi mortali subiti. Un popolo è degno di essere ricordato per la giustizia e la pace che ha promosso, per aver limitato al minimo l’uso della forza, cioè solo per difendersi dalla barbaria altrui e mai per attaccare eccessivamente e follemente. Ma un popolo non è mai un’unità compatta: in esso ci sono giusti e ingiusti, pacifici e violenti, onesti e ladri, solidali e razzisti e via dicendo. Per questo l’unico schierarsi eticamente accettabile è quello dalla parte di chi promuove onestamente giustizia e pace e, allo stesso tempo, dalla parte di chi è vittima della mancanza di giustizia e di pace, qui come ovunque.

Credo nella politica. Non quella degli show, siano di Trump, Netanyahu, Putin, Meloni, Salvini o chi per loro. La politica è una cosa seria e questa gente, tranne nobili e rare eccezioni, di serio ha ben poco: ha solo interesse a tutelare il proprio ego fuori misura, a favorire parenti e compagni di merenda e di affari, a rivincere le elezioni per accrescere questi interessi, a spargere propaganda politica che non ha niente da invidiare ai peggiori sistemi totalitari o dittature del ‘900, di destra o sinistra che siano.

La politica è dialogo che trova e ritrova unità radicandosi sempre più nei principi etici alti della Carta Costituzionale e della Dichiarazione Universale dei diritti Umani. E non hanno solo colpa quei politici che non conoscono questi principi o li calpestano continuamente; hanno anche colpa tutti i cittadini che non si formano su questi principi e votano chi, come loro, è ignorante, maleducato civilmente, razzista, violento, genocida. Oppure, ancor peggio, sanno di che pasta sono quelli che votano, ma li votano lo stesso perché lo sfascio e la guerra, la dissoluzione e il baratro, se mi sono garantito alcuni interessi vitali, mi interessano ben poco, anzi potrei anche sfruttarli per il mio tornaconto, per esempio in armi e ricostruzione.

Il deficit formativo ed etico aumenta a dismisura nelle scuole e università come nelle famiglie e nelle associazioni, nelle comunità di fede religiosa come nei contesti laici. La formazione si fa raramente; si preferisce l’indigestione di eventi (laici o religiosi o sportivi che siano) purché facciano pensare poco e distrarre e divertire molto. La formazione è quasi scomparsa e il volontariato è in crisi. In altri termini si educa poco a dare e ad essere solidali e accoglienti e, unitamente, si fa poca esperienza nell’incarnare i principi fondanti di une democrazia. E in questo quadro ci meravigliamo se aumentano guerre e violenze?

Sono anche stucchevoli i riferimenti continui alla speranza, ridotta a surrogati stupidi o palliativi ridicoli, senza senso né fondamento. “La speranza è la passione per ciò che è possibile”, ha scritto Søren Kierkegaard. Ed è possibile salvare Hind Rajab, costruire più pace e più giustizia ovunque. Ma ci vuole più passione.

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