A Gaza per ora c'è pace, ma non c'è giustizia
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A Gaza per ora c'è pace, ma non c'è giustizia

Pensavo di lasciar passare un po' di tempo, per cercare di capire, e in realtà, i giorni sono passati e per quanto mi riguarda, non condivido la gioia unanime del mondo.

A Gaza per ora c'è pace, ma non c'è giustizia
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Beatrice Sarzi Amade Modifica articolo

15 Ottobre 2025 - 22.50


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Non ho scritto di Gaza e Israele mentre gli eventi stavano precipitando.

Pensavo di lasciar passare un po’ di tempo, per cercare di capire, e in realtà, i giorni sono passati e per quanto mi riguarda, non condivido la gioia unanime del mondo.

Tranne un punto, vitale, fondamentale, e, mi piace pensare di potermi fermare lì,  tutti gli ostaggi sono a casa. 

Ed è, per loro, per le loro famiglie, per ognuno di noi, infatti, una gioia che non si può misurare. 

Arriveranno, già verranno, le narrazioni sulle condizioni di detenzione, ma, queste condizioni, e quello che hanno sopportato, non c’è bisogno di grandi frasi per vederle, basta guardarle, ma, infatti, a parte i dettagli personali per ognuno, lo sapevamo, e Hamas lo ha messo in scena diverse volte negli ultimi due anni.

Ho ascoltato il discorso di Trump al Knesset.

L’ho guardato per tutta l’ora che è durata, e in quell’ora uno dei cori era che doveva correre, perché era già in ritardo, visto che era atteso in Egitto, e sapete, se mi presento ora, con il ritardo che mi avete messo, se succede, tutti i capi degli Stati arabi, hanno già ripreso il loro Boeing 747, perché, non è così, chiedo a tutti, cosa prendete come aereo per i vostri viaggi, e tutti mi dicono che prendiamo un Boeing 747 ed è un grande aereo, quello, il Boeing 747, ma bene, comunque, ora, è un’era di pace che inizia, e grazie untel, standing ovation per letel in questione, e così, decine di volte, tipo, non so, una distribuzione di premi a Hollywood, ma senza vincoli di tempo, come major argomento, da un lato, “guarda quanto è bello”, in questo caso il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.

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“Lo metteremo in un film” e, dall’altra parte, ci saranno contanti, tanti soldi, e di nuovo il coro che stava per ricreare in Egitto, dove il Boeing 747 dei leader degli Stati arabi non era ancora decollato mentre lo aspettavano. 

L’impressione crescente, ascoltarlo, cercare di capire, guardandolo, che abbiamo a che fare, non scherzo, seriamente, con uno scempio assoluto, anzi, no,  Trump è un bambino onnipotente, che avrebbe tutto quello che vuole dal mondo intero, e ci farebbe tutto quello che vuole. E che questo bambino governava il mondo, senza che nessuno gli opponesse resistenza. L’angoscia di quell’impressione.

La vergogna di aver visto questo, e si, soprattutto l’ansia.

Questa è una prima impressione. 

L’altro era altrettanto terribile e allo stesso tempo ridicolo e sconvolgente dell’orrore: cioè, come si fa a dire che questa pace, tanto necessaria, tanto voluta, tanto voluta, è arrivata per errore. 

Voglio dire tardi. 

Non solo tardi perché sarebbe troppo tardi, ma non è mai troppo tardi per la pace, ma è anche con qualche giorno di ritardo. 

È arrivata subito dopo il premio Nobel, e, anche se, da quanto ho capito, il premio Nobel per la pace quest’anno, è stato consegnato ad una trumpiana convinta, Trump non l’ha fatto, non ha mai perso un’occasione per dire che era molto arrabbiato per non averlo capito, perché, non è vero, come ha detto lui:

“io ho messo pace in otto guerre, (quali?), meritavo il Nobel per la Pace”

 Ancora una volta, il ragazzo che vuole tutta la torta. Da qui, probabilmente, la pressione su Netanyahu e le concessioni, importantissime, nel piano dei venti punti, soprattutto il punto in cui si precisa che nessuno sarebbe espulso, e che se le persone volessero andarsene avrebbero il diritto di rientrare. 

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Un punto, come sappiamo, che contraddice tutto quello che il governo israeliano annuncia da mesi. 

Un punto essenziale, però, che dimostra che l’indignazione internazionale per questa espulsione pianificata non è stata priva di effetto.

Comunque questa pace è come se avesse mancato il segno. 

Ciononostante, ovviamente, la cosa fondamentale è che esiste e che, almeno per ora, i cannoni si sono taciti.

Ci sono ancora morti violente a Gaza? 

Sì, molte, perché, finora, agli occhi di tutti, c’è un vero vincitore in questa guerra, e, come scrivo, il vero vincitore non è Israele, non Israele affatto, è Hamas.  

Hamas che non è stato distrutto dall’esercito israeliano in due anni di guerra. 

Hamas che ha ripreso possesso di aree dove non ci sono soldati israeliani, per ora il 50% di questa enclave, grande, intera, come un cantone del dipartimento francese e che apparentemente stanno uccidendo collaboratori o milizie rivali che avevano giocato la carta israeliana, e che Israele sembra di averlo semplicemente abbandonato in un giorno. 

Hamas, in particolare, ha assicurato il rilascio di quasi 2.000 persone, e le storie di torture nelle carceri israeliane sono orribili quanto le storie degli ostaggi, e, ciliegina sulla torta, anche se ha chiesto il rilascio di un certo numero di persone. 

I detenuti di Fatah, compreso Marwan Barghouti, hanno ottenuto, al loro posto, quello di 12 assassini delle sue fila, 

Israele continua a favorire Hamas contro Fatah, per assicurarsi che l’Autorità palestinese, qualunque essa sia, ma non un’entità islamica, resti incapace di fare nulla a lungo termine.

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Poiché nessuna delle domande di fondo viene posta nel piano che tutti hanno salutato: 

stiamo parlando di sviluppo economico e quindi, in qualche modo, il piano Gaza-Plage è ben avviato, anche se non prevede più di espellere gli abitanti, ma non ne ho visto nessuno per parlare di elezioni organizzate, per chiedere alle persone cosa pensano del proprio futuro, di scegliere i propri rappresentanti per sé. È come se ci fosse, non so, una tavola, una tavola, qualunque cosa dicano con gettoni di presenza.  

Una società, in qualche modo, ma nemmeno un tentativo di democrazia.

Soprattutto non si è detto nulla sulla colonizzazione israeliana in Cisgiordania, e quindi non c’è motivo di pensare che Israele smetterà di smantellare la Palestina, anzi, sul terreno. 

Quindi non c’è motivo di pensare che la violenza, da entrambe le parti, si fermi. 

Per ora c’è pace, ma non c’è giustizia.

Non esiste giustizia per le persone che, a Gaza, hanno perso tutta la vita. 

Non sto parlando dei morti, 70.000 contati. 

Sto parlando dei sopravvissuti, sto parlando della distruzione, di queste persone che non hanno nulla, non hanno più case, niente più documenti, niente più mezzi di sostentamento, sto parlando, sostanzialmente, dell’intera popolazione palestinese di Gaza. 

Non sto nemmeno parlando di alcun tipo di compenso. 

Vedo, per ora, la premessa di un piano Marshall, non pagato dagli Stati Uniti, ma di un piano Marshall il cui unico scopo è creare un’entità economica generatrice di dividendi.

Ogni giorno, come dice l’altro, vale la pena. 

Germania anno zero. 

Supponiamolo.

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