Violenza dei coloni e complicità dei militari israeliani: 158 attacchi contro i raccoglitori di olive in Cisgiordania
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Violenza dei coloni e complicità dei militari israeliani: 158 attacchi contro i raccoglitori di olive in Cisgiordania

Le aggressioni hanno assunto le forme più varie: pestaggi, arresti di massa, sparatorie, distruzione di terreni e uliveti. L’area più colpita è quella di Nablus, con 56 episodi documentati, seguita da Ramallah (51) e Hebron (15).

Violenza dei coloni e complicità dei militari israeliani: 158 attacchi contro i raccoglitori di olive in Cisgiordania
Militari israeliani in Cisgiordania
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21 Ottobre 2025 - 19.51


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La stagione della raccolta delle olive, simbolo di pace e radice identitaria della vita palestinese, si sta trasformando ancora una volta in un incubo. Secondo i dati diffusi dalla Commissione per la resistenza al muro e alle colonie, guidata da Mu’ayyad Shaaban, dall’inizio della stagione sono stati registrati 158 attacchi contro contadini palestinesi nell’intera Cisgiordania occupata. Una violenza sistematica che, come sottolineano le autorità palestinesi, non è frutto di episodi isolati ma parte di una vera e propria strategia di intimidazione e spossessamento.

Le aggressioni hanno assunto le forme più varie: pestaggi, arresti di massa, sparatorie, distruzione di terreni e uliveti. L’area più colpita è quella di Nablus, con 56 episodi documentati, seguita da Ramallah (51) e Hebron (15). Almeno 74 attacchi hanno preso di mira direttamente le terre coltivate, con 29 casi di taglio, bulldozzamento o sradicamento degli alberi. In totale, 765 ulivi – molti dei quali secolari – sono stati distrutti. Ogni albero sradicato è un pezzo di memoria, di economia, di resistenza quotidiana che viene cancellato sotto la protezione armata dell’esercito israeliano.

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La ministra degli Esteri palestinese, Varsen Aghabekian Shahin, ha condannato con durezza questa escalation, definendola una “campagna sistematica di espulsione ed eliminazione” condotta con la connivenza delle forze armate israeliane. Shahin ha chiesto un intervento immediato della comunità internazionale, denunciando il silenzio e l’impunità che da anni accompagnano le violenze dei coloni. “Non si tratta di scontri occasionali – ha affermato – ma di un meccanismo organizzato di pulizia territoriale, volto a strappare ai palestinesi le loro terre e la loro dignità.”

Le cifre diffuse dalla Commissione della resistenza al muro e alle colonie parlano da sole: su 158 attacchi, 17 sono stati compiuti direttamente da soldati israeliani. Gli altri vedono la partecipazione di gruppi di coloni che, protetti o affiancati dall’esercito, agiscono con totale impunità, spesso davanti alle telecamere o sotto gli occhi dei militari che non intervengono. La violenza contro gli uliveti – linfa vitale dell’economia agricola palestinese – è parte integrante di questa strategia di occupazione, che punta a rendere la vita dei contadini insostenibile e a spingerli ad abbandonare le loro terre.

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Ogni autunno, la raccolta delle olive diventa il terreno di una guerra non dichiarata. Donne, anziani e bambini si recano nei campi circondati da check-point e colonie, costretti a lavorare sotto la minaccia delle armi. I coloni, spesso armati, lanciano pietre, incendiano campi, distruggono i raccolti. L’esercito, lungi dal proteggere i civili palestinesi, interviene regolarmente per difendere gli aggressori, arrestando le vittime o imponendo loro di abbandonare le proprie terre “per motivi di sicurezza”.

La distruzione degli ulivi è un atto di guerra simbolica e materiale. In un territorio dove ogni metro di terra è conteso, eliminare gli alberi significa eliminare la possibilità stessa di sopravvivenza. Ma significa anche colpire un simbolo di pace che resiste da millenni: l’ulivo, che da sempre rappresenta radici, memoria e speranza.

Mentre la comunità internazionale resta in gran parte silente, le voci palestinesi chiedono giustizia e protezione. La stagione della raccolta dovrebbe essere tempo di vita, non di paura. E invece, anno dopo anno, le mani che raccolgono frutti diventano bersaglio di un’occupazione sempre più brutale, che non teme di mostrare la propria impunità al mondo.

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Finché l’esercito israeliano continuerà a garantire copertura ai coloni e a punire chi subisce violenza, ogni albero sradicato sarà una prova di questa complicità, e ogni oliva che cade a terra un atto di resistenza.

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