Israele blocca l'ingresso degli aiuti a Gaza, violando le condizioni della tregua
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Israele blocca l'ingresso degli aiuti a Gaza, violando le condizioni della tregua

 Dall'inizio del cessate il fuoco, le autorità israeliane hanno bloccato in modo arbitrario l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, violando i termini dell’accordo appena raggiunto

Israele blocca l'ingresso degli aiuti a Gaza, violando le condizioni della tregua
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Ottobre 2025 - 18.53


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La denuncia è, come sempre, ben piantata nei fatti. “Israele blocca l’ingresso degli aiuti a Gaza, violando le condizioni della tregua”

 Dall’inizio del cessate il fuoco, le autorità israeliane hanno bloccato in modo arbitrario l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, violando i termini dell’accordo appena raggiunto e qualsiasi norma di diritto internazionale. Nel frattempo, una nuova procedura restrittiva di registrazione delle Ong internazionali sta ritardando ulteriormente la risposta umanitaria, da cui dipende la sopravvivenza della popolazione.

È l’allarme lanciato oggi da Oxfam insieme ad altre 40 organizzazioni umanitarie impegnate a Gaza, che chiedono al Governo israeliano di rispettare gli impegni assunti da oltre 10 giorni.

Tra il 10 e il 21 ottobre 2025, a 17 organizzazioni è stata negata la possibilità di portare aiuti umanitari essenziali per la popolazione di Gaza: acqua, cibo, tende e forniture mediche. Il 94% di tutti i rifiuti da parte delle autorità israeliane è stato rivolto alle Ong internazionali. In tre quarti dei casi il blocco è stato motivato dal fatto che le organizzazioni “non sono autorizzate” a fornire aiuti umanitari a Gaza, mentre sono in corso nuove procedure di registrazione.  Anche se questo riguarda organizzazioni che operano a Gaza da decenni e sono registrate come Ong sia presso le autorità palestinesi che israeliane e sono quindi legalmente autorizzate,

“È evidente, perciò, che le nuove limitazioni imposte da Israele – sottolineano le organizzazioni firmatarie dell’appello – sono determinate da una precisa volontà politica, che viola sia i termini che lo spirito dell’accordo di tregua. Le forniture sono imballate, il personale umanitario è pronto per una risposta umanitaria su larga scala, ma le autorità israeliane non rispettano gli impegni presi”.

Sempre tra il 10 e il 21 ottobre, infatti ben 99 richieste di Ong internazionali di fornire aiuti a Gaza sono state respinte, assieme a 6 richieste presentate dalle agenzie delle Nazioni Unite. Uno stop alle forniture di aiuti, che è iniziato con l’assedio totale imposto da Israele a marzo e con l’introduzione del nuovo sistema di registrazione delle Ong internazionali.

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 Nna tregua fragile con decine di morti solo la scorsa settimana

” L’annuncio del cessate il fuoco è stato accolto con sollievo per il presente e il futuro dei civili palestinesi, ma le notizie di nuove violazioni ne evidenziano la fragilità. – continuano le organizzazioni – Il continuo rifiuto di far entrare gli aiuti è davvero allarmante. Dopo oltre due anni di bombardamenti incessanti – con decine di vittime solo nell’ultima settimana – e le conseguenti privazioni, sfollamenti forzati e carestie, bloccare le competenze e gli aiuti umanitari compromette lo sforzo collettivo volto a salvare vite”.

 Senza nulla, costretti in rifugi di fortuna alle porte dell’inverno

In questo momento quasi 50 milioni di dollari di beni di prima necessità delle organizzazioni internazionali, che, come Oxfam, lavorano ogni giorno a Gaza, sono bloccati ai valichi di frontiera e stoccati nei magazzini fuori dalla Striscia. Senza aiuti immediati, la popolazione di Gaza si troverà ad affrontare l’inverno in arrivo, dovendo sopravvivere in rifugi di fortuna senza riscaldamento, acqua pulita o servizi igienici. E in queste condizioni altre persone moriranno, quando tutto questo sarebbe facilmente evitabile.

Le restrizioni stanno privando i palestinesi di aiuti salvavita e compromettendo il coordinamento del sistema di risposta a Gaza, che si basa sulla collaborazione tra organizzazioni locali, istituzioni nazionali, agenzie delle Nazioni Unite e Ong internazionali.

“L’accesso umanitario per la popolazione della Striscia è un obbligo giuridico ai sensi del diritto internazionale, non una concessione del cessate il fuoco. – concludono le organizzazioni – Chiediamo quindi un cessate il fuoco duraturo e il pieno e libero accesso umanitario per la popolazione di Gaza, a cui deve essere garantita sicurezza, dignità e la difesa del proprio diritto all’autodeterminazione. È inoltre fondamentale la revoca del nuovo sistema di registrazione imposto da Israele per poter portare aiuti salvavita alla popolazione”.

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“Le denunce di Oxfam e di oltre quaranta Ong internazionali smascherano la verità che molti governi occidentali fingono di non vedere: Israele sta violando la tregua, bloccando gli aiuti umanitari e condannando due milioni di civili di Gaza – donne, bambini, anziani – alla fame, alla sete e alla
malattia. È una vergogna umanitaria e una violazione palese del diritto internazionale”. Ad affermarlo è Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di
Alleanza Verdi e Sinistra che prosegue
«Tra il 10 e il 21 ottobre, Israele ha respinto l’ingresso di 17 ong e
bloccato 50 milioni di dollari di beni essenziali. Si tratta di una scelta politica precisa: usare la fame come arma di guerra. Il governo fascista di Benjamin Netanyahu sta dimostrando di non avere alcuna volontà di pace. L’Unione Europea e il governo italiano devono intervenire con forza per far
rispettare la tregua e per imporre sanzioni economiche contro Israele, che continua a violare il diritto internazionale” conclude Bonelli.

Il mondo solidale non smobilita. Chi, come Oxfam e le altre Ong firmatarie del documento-denuncia, opera da tempo in Palestina sa bene che i carnefici di Gaza non si sono di un colpo trasformati in colombe. Falchi erano e falchi rimangono. Hanno dovuto solo fare buon viso a, per loro, cattivo gioco, perché a imporlo è il “commissario Trump.

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Ma i Ben-Gvir, i Smotrich e la cricca criminale al potere in Israele intendono finire l’opera genocidiale a Gaza. E in questa ottica, la fame resta una letale arma di guerra. 

Arma di distruzione di massa nell’inferno in terra.

Dopo due anni di guerra, Gaza è sepolta sotto oltre 61 milioni di tonnellate di macerie. Lo riferiscono i dati delle Nazioni Unite, analizzati dall’agenzia di stampa Afp. Secondo il programma satellitare Unosat dell’Onu, all’8 luglio 2025 l’esercito israeliano aveva danneggiato o distrutto circa 193mila edifici nella Striscia, pari a circa il 78% delle strutture esistenti prima dell’inizio della guerra, scoppiata il 7 ottobre 2023. 


L’analisi delle immagini satellitari del 23 e 23 settembre 2025 su Gaza City mostra una devastazione ancora maggiore, con l’83% degli edifici colpiti o rasi al suolo. Il volume complessivo delle macerie è stimato in 61,5 milioni di tonnellate, un peso equivalente a 170 volte quello dell’Empire State Building di New York. 


In un’analisi preliminare pubblicata ad agosto, l’Unep ha avvertito che queste macerie rappresentano un grave rischio sanitario per la popolazione esposta. Stima, infatti, che almeno 4,9 milioni di tonnellate potrebbero essere contaminate da amianto proveniente da edifici più vecchi, in particolare nei campi profughi di Jabaliya, Nuseirat, al-Maghazi, Rafah e Khan Yunis. L’agenzia Onu ritiene inoltre che almeno 2,9 milioni di tonnellate di macerie contengano rifiuti industriali pericolosi provenienti da siti produttivi distrutti.

Ecco dove Oxfam e altre Ong umanitarie operano. Per riportare un po’ di vita in un immenso campo di sterminio

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