Milei prevale con i 'ricatti' di Trump ma la direzione è far diventare l'Argentina una colonia Usa
Top

Milei prevale con i 'ricatti' di Trump ma la direzione è far diventare l'Argentina una colonia Usa

La vittoria di Milei ha spinto molti a chiedersi se il risultato rifletta un sostegno autentico o se sia piuttosto l’effetto di quello che diversi osservatori hanno definito “ricatto economico” di Trump.

Milei prevale con i 'ricatti' di Trump ma la direzione è far diventare l'Argentina una colonia Usa
Preroll

globalist Modifica articolo

29 Ottobre 2025 - 14.25


ATF

Manifesti dell’opposizione comparsi in tutta Buenos Aires prima delle elezioni di metà mandato di domenica mostravano il nome del presidente Javier Milei sovrapposto a una bandiera statunitense, nel tentativo di sfruttare il sentimento antiamericano suscitato dalle presunte ingerenze di Donald Trump nel voto argentino.

Pochi giorni prima delle elezioni, infatti, il presidente degli Stati Uniti aveva annunciato un pacchetto di aiuti da 40 miliardi di dollari a favore di Milei, avvertendo però che avrebbe ritirato il sostegno nel caso in cui il presidente argentino non fosse riuscito a imporsi alle urne.

Nonostante quello che molti avevano definito il momento più difficile dei suoi quasi due anni al potere – tra recessione e accuse di corruzione – Milei ha vinto con ampio margine, ottenendo circa il 41% dei voti contro il 32% dell’opposizione, in netto contrasto con le previsioni dei sondaggi.

Con questo risultato, il partito del presidente, La Libertad Avanza, è passato da una presenza modesta in Congresso a una maggioranza grazie all’alleanza con il PRO, il partito di centrodestra dell’ex presidente Mauricio Macri, già schierato al fianco di Milei.

Una vittoria così netta – che lo stesso presidente ha ammesso di non aspettarsi – ha spinto molti a chiedersi se il risultato rifletta un sostegno autentico o se sia piuttosto l’effetto di quello che diversi osservatori hanno definito “ricatto economico” di Trump.

“So che l’aiuto americano porterà un po’ di stabilità, ma so anche che se gli Stati Uniti dovessero lasciarti la mano, lo faranno senza esitazione”, ha dichiarato Agustín Cantilo, 30 anni, broker di Tigre e sostenitore di Milei. “Non voterò mai il Peronismo, ma ora quello che conta è la stabilità. Milei sta affrontando i problemi macroeconomici che contano davvero: inflazione bassa e dollaro stabile. Non abbiamo mai avuto stabilità economica.”

Dopo aver imposto tagli drastici alla spesa pubblica con la sua politica della “motosierra” (motosega), Milei è riuscito a ridurre l’inflazione da oltre il 200% annuo a circa il 30%. È ancora un livello elevato, ma rappresenta un traguardo che l’Argentina non raggiungeva da anni.

Tuttavia, la sua strategia di bruciare riserve in dollari per mantenere il peso sopravvalutato ha già costretto il Fondo Monetario Internazionale a concedere un prestito da 20 miliardi di dollari in aprile (di cui 14 già erogati), a cui si è aggiunto il recente intervento statunitense.

L’aumento delle importazioni sta però colpendo duramente l’industria e il commercio interni. Dall’insediamento di Milei nel dicembre 2023, il potere d’acquisto è crollato, i salari reali sono diminuiti, si sono persi oltre 200.000 posti di lavoro e circa 18.000 imprese hanno chiuso.

Secondo Hernán Letcher, direttore del Centro de Economía Política Argentina (CEPA), il risultato elettorale è stato sorprendente non solo perché i sondaggi non lo avevano previsto, ma anche perché “nessun indicatore sociale mostra miglioramenti di alcun tipo”.

“In Argentina si dice spesso che un dollaro basso fa vincere le elezioni”, ha commentato Letcher, attribuendo il successo di Milei anche alla caduta dell’inflazione, alla paura di tornare a crisi economiche passate e all’antiperonismo radicato nella società.

Il sociologo Juan Gabriel Tokatlian ha osservato che la campagna di Milei ha fatto leva sulla paura: “È riuscita a diffondere l’idea che, se non avesse vinto, l’economia sarebbe crollata. Questo ha generato un panico collettivo in chi temeva una nuova svalutazione e ha preferito evitare uno scenario catastrofico.”

Tokatlian ha ricordato che all’interno del Peronismo c’era chi sperava che l’interferenza di Trump potesse ritorcersi contro, come era avvenuto in Canada e in Brasile, dove le sue politiche avevano paradossalmente rafforzato i leader progressisti.

“Ma in Canada e in Brasile Trump era stato punitivo; qui, invece, è stato generoso. E per alcuni – non molti, ma alcuni – questo è stato sufficiente a far credere che almeno non ci sarebbe stata una crisi economica devastante”, ha spiegato Tokatlian.

Infine, Aquiles Ferrario, 82 anni, libraio nel centro di Buenos Aires, ha espresso la sua preoccupazione:

“È quasi incredibile che il nostro popolo abbia votato più per paura che per rabbia verso un governo che non esita a promuovere le peggiori atrocità. Temo che i nostri figli e nipoti finiscano per vivere in una colonia degli Stati Uniti, perché questo è il destino di un Paese la cui politica economica e geopolitica dipende interamente da Washington e da una figura come Donald Trump.”

Native

Articoli correlati