Peggio delle Fosse Ardeatine: la logica disumana della 'giusta' rappresaglia a Gaza secondo Trump
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Peggio delle Fosse Ardeatine: la logica disumana della 'giusta' rappresaglia a Gaza secondo Trump

Nel 1944, l’eccidio delle Fosse Ardeatine seguì la logica del rapporto di rappresaglia: dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Oggi, a distanza di ottant’anni, sentire un leader occidentale giustificare un massacro di civili con un rapporto 1 a 60 significa oltrepassare persino quella barbarie.

Peggio delle Fosse Ardeatine: la logica disumana della 'giusta' rappresaglia a Gaza secondo Trump
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29 Ottobre 2025 - 10.56


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Nel 1944, l’eccidio delle Fosse Ardeatine seguì la logica del rapporto di rappresaglia: dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Oggi, a distanza di ottant’anni, sentire un leader occidentale giustificare un massacro di civili con un rapporto 1 a 60 significa oltrepassare persino quella barbarie. Allora, almeno, la violenza veniva riconosciuta come tale; oggi si tenta di ammantare di “legittima difesa” ciò che è, a tutti gli effetti, una punizione collettiva vietata da ogni convenzione di guerra.

Parlando ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, Donald Trump ha dichiarato che “nulla avrebbe compromesso la tregua” a Gaza, ma ha aggiunto subito dopo che Israele “dovrebbe reagire” se i suoi soldati venissero uccisi. “Hanno ucciso un soldato israeliano — ha detto — quindi gli israeliani hanno reagito. Ed è giusto che lo facciano.”
Quelle parole, pronunciate con la solita disinvoltura, suonano come una giustificazione morale di una rappresaglia che ha portato alla morte di almeno sessanta palestinesi, tra cui ventidue bambini. Una proporzione spaventosa, che nessun diritto, nessuna etica, nessuna democrazia può tollerare.

Le frasi di Trump non sono solo politicamente irresponsabili: sono moralmente inaccettabili. Un leader che difende la sproporzione e l’uso della forza cieca non difende la civiltà occidentale, ma la svuota di ogni fondamento. Con simili giustificazioni si legittimano i peggiori metodi delle dittature del Novecento, quelle che facevano della rappresaglia un’arma di terrore contro i più deboli.

Chi governa o aspira a governare un grande Paese democratico non può permettersi di ragionare come un carnefice. La politica non può ridursi al calcolo della vendetta, ma deve fondarsi sul valore della vita umana, sulla proporzione, sulla giustizia. È su questo principio che si regge il diritto internazionale e che si misura la differenza tra civiltà e barbarie.

Difendere l’indifendibile, come fa Trump, significa rinnegare la memoria delle vittime di ogni guerra e di ogni dittatura, da Roma a Gaza. Significa riportarci indietro, verso un mondo in cui la forza detta la legge e la morte dei civili diventa una “reazione”. Ma non c’è giustizia nella vendetta, e non c’è pace nella disumanità. Le democrazie si salvano solo quando hanno il coraggio di dire no — anche ai propri alleati — e di ricordare che ogni vita, da qualunque parte del muro, ha lo stesso valore.

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