L’America di Donald Trump ha voltato pagina. Da quando il nuovo presidente ha rimesso piede alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sono teatro di un’ondata di operazioni migratorie senza precedenti. Dalla California al Texas, passando per l’Illinois e la Florida, le pattuglie dell’ICE — la famigerata Immigration and Customs Enforcement — fanno irruzione nei quartieri popolari, nelle aziende agricole, nei cantieri. Entrano all’alba, spesso a volto coperto, con i giubbotti antiproiettile e le torce puntate contro porte e finestre. In alcuni casi, come documenta la BBC, usano gas lacrimogeni e spray urticanti per disperdere parenti e vicini che cercano di opporsi agli arresti.
Secondo un’indagine di BBC Verify, che ha raccolto oltre 70 video da diverse città americane, la promessa di Trump di lanciare “il più grande programma di deportazione della storia degli Stati Uniti” si sta trasformando in una realtà brutale. Le immagini mostrano agenti federali mascherati trascinare via uomini e donne, anche davanti a bambini in lacrime. A Chicago, una famiglia intera è stata fermata nel cortile di casa: nessuno dei presenti aveva precedenti penali.
Il linguaggio usato dalla Casa Bianca parla di “ordine e sicurezza”. Ma sul campo, ciò che si vede è una strategia di intimidazione di massa. “Vogliono farci sparire, non solo mandarci via”, ha raccontato a BBC una donna messicana residente da vent’anni in Arizona, mentre la sua comunità organizzava una veglia per un padre di famiglia arrestato durante un turno in fabbrica.
Gli arresti si moltiplicano: centinaia ogni giorno, migliaia ogni settimana. Secondo fonti dell’ICE citate da The Guardian, l’agenzia è ormai prossima alla massima capacità di detenzione. Le celle sono sovraffollate, i dormitori temporanei allestiti in ex magazzini e hangar militari. In alcuni centri, come quello di Dilley, in Texas, sono state segnalate condizioni “disumane”, con decine di persone ammassate in stanze senza ventilazione.
Ma la macchina delle espulsioni non si ferma, spinta da un messaggio politico chiaro: mostrare forza, imporre paura, riaffermare il controllo federale sull’immigrazione. A Los Angeles e New York le proteste crescono di giorno in giorno. Manifestanti, attivisti e rappresentanti religiosi accusano l’amministrazione di criminalizzare la povertà e di colpire indiscriminatamente lavoratori, studenti e rifugiati. “È una guerra contro i più vulnerabili, orchestrata con mezzi militari”, ha dichiarato una portavoce di Defend Sanctuary Coalition, rete che coordina l’assistenza legale per i migranti arrestati.
Gli stessi agenti dell’ICE ammettono che gli ordini arrivano “dall’alto”, con una pressione costante a raggiungere quote giornaliere di arresti. In molti casi, vengono presi di mira anche immigrati senza precedenti, o persone che avevano semplicemente richiesto l’asilo politico. Le incursioni avvengono nei luoghi di lavoro, nei parcheggi dei supermercati, persino davanti alle scuole.
Il presidente esulta, parlando di “ripristino della legge e dell’ordine”. Ma dietro quella formula, tanto cara alla sua retorica elettorale, si nasconde una campagna che rischia di stravolgere il tessuto civile del Paese. Le comunità latine vivono nel terrore, molti genitori evitano di mandare i figli a scuola o di andare in ospedale. Gli effetti economici si cominciano a vedere nei campi, dove mancano braccia per i raccolti, e nei cantieri, dove la paura ha svuotato intere squadre.
“Quello che vediamo oggi ricorda le retate degli anni Cinquanta”, scrive The Guardian in un editoriale, “ma con una potenza mediatica e tecnologica infinitamente maggiore”. La BBC, che ha verificato decine di filmati condivisi online, mostra come le operazioni vengano spesso documentate dagli stessi agenti, poi diffuse come video propagandistici sui canali pro-Trump.
Non è solo repressione, ma comunicazione politica. Ogni arresto diventa una scena di forza, ogni volto incappucciato un messaggio elettorale. L’obiettivo non è solo espellere chi non ha documenti, ma costruire consenso attraverso la paura.
Mentre la Casa Bianca parla di “riportare ordine alle frontiere interne”, gli Stati Uniti si ritrovano immersi in un clima di caccia all’uomo. Le comunità si chiudono, le città si spaccano, e i tribunali sono sommersi da ricorsi.
E mentre l’America si interroga sul prezzo di questa “sicurezza”, resta un fatto innegabile: le immagini di uomini mascherati che irrompono nelle case ricordano più una guerra civile che una democrazia.
Un Paese che aveva costruito la propria identità sull’accoglienza sta ora riscrivendo il proprio volto — sotto le luci blu dei lampeggianti dell’ICE.
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