Benjamin Netanyahu non si è detto indignato per il video che mostra guardie carcerarie israeliane abusare di un detenuto di Gaza nel carcere di Sde Teiman, ma per il fatto che quel video sia diventato pubblico.
Durante la riunione domenicale del governo, il primo ministro israeliano ha definito la diffusione delle immagini “un enorme danno all’immagine dello Stato di Israele e dell’Idf, ai nostri soldati”. Ha poi aggiunto: “Questo è forse l’attacco propagandistico più difficile che lo Stato di Israele abbia subito dalla sua fondazione, non ne ricordo un altro di tale intensità. Questo richiede un’indagine indipendente e mi aspetto che venga condotta”.
Parole che mostrano chiaramente quale sia la vera preoccupazione del premier: non la violenza disumana esercitata su un prigioniero palestinese, ma il colpo inferto alla reputazione internazionale di Israele. Non un accenno di condanna per gli abusi, nessuna parola per la vittima, nessuna ammissione di responsabilità: solo la paura che il mondo veda ciò che avviene dietro le mura delle carceri israeliane.
Il video, consegnato a un giornalista del Canale 12 su richiesta dell’avvocato generale militare, la maggior generale Yifat Tomer-Yerushalmi – poi dimessasi per le pressioni subite – risale a luglio, quando investigatori della polizia militare erano giunti nel carcere per verificare le condizioni di detenzione. Ne erano seguiti scontri tra i soldati di guardia e la stessa polizia militare.
Invece di chiedere giustizia per le torture, Netanyahu difende l’immagine di Israele. Una reazione che conferma, ancora una volta, come l’obiettivo del governo israeliano non sia la verità, ma il silenzio.
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