Mohammed Hussein Ghawadra, 63 anni, della città di Burqin, vicino a Jenin, è morto mentre si trovava in custodia israeliana. Lo ha annunciato la Società dei prigionieri palestinesi (PPS), accusando le autorità carcerarie israeliane di “negligenza medica e maltrattamenti sistematici” nei confronti dei detenuti palestinesi. Ghawadra era stato arrestato nell’agosto 2024 e, secondo la PPS, soffriva di diverse patologie croniche per le quali non avrebbe ricevuto cure adeguate.
L’uomo, originario della Cisgiordania occupata, era detenuto nella prigione di Ganot, nel sud di Israele. Secondo quanto riferito dall’agenzia palestinese Wafa e da fonti citate da Anadolu Agency, Ghawadra avrebbe visto peggiorare rapidamente le sue condizioni di salute nelle ultime settimane, senza che venisse trasferito in una struttura ospedaliera nonostante le ripetute richieste dei familiari e dei legali.
La morte di Ghawadra porta a 81 il numero di detenuti palestinesi deceduti nelle carceri israeliane dall’inizio della guerra contro Gaza, scoppiata dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023. Organizzazioni come la PPS e la Commissione per gli Affari dei Prigionieri parlano di un “drammatico aumento” dei decessi in custodia, attribuendolo al deterioramento delle condizioni detentive, all’isolamento prolungato e alla mancanza di cure mediche di base.
Secondo un rapporto del Palestine Center for Prisoners’ Studies, decine di prigionieri sono affetti da gravi malattie croniche, tra cui tumori, insufficienze renali e cardiache, ma non ricevono cure regolari né visite specialistiche. Al Jazeera e The Guardian hanno riportato testimonianze di ex detenuti che denunciano privazioni deliberate di farmaci, cibo e acqua, oltre a violenze fisiche e psicologiche.
Israele non ha finora commentato ufficialmente la morte di Ghawadra. In passato, il Servizio carcerario israeliano ha respinto accuse di negligenza, sostenendo che i prigionieri palestinesi “ricevono cure mediche conformi agli standard internazionali”. Tuttavia, diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e B’Tselem, documentano da anni casi di abusi, pestaggi e decessi sospetti nelle carceri israeliane, denunciando l’uso sistematico della detenzione amministrativa — senza processo né accuse formali — e la violazione dei diritti fondamentali dei detenuti.
La notizia della morte di Ghawadra ha provocato proteste nella città di Jenin e in altri centri della Cisgiordania, dove gruppi locali hanno accusato Israele di “uccisione per negligenza deliberata”. Il corpo dell’uomo non è stato ancora restituito alla famiglia, circostanza che, secondo la PPS, rientra nella prassi israeliana di trattenere le salme dei prigionieri per ragioni “di sicurezza”.
Fonti palestinesi riferiscono che nelle ultime settimane le autorità israeliane hanno intensificato gli arresti e le operazioni di sicurezza nei territori occupati, portando a oltre 9.000 il numero complessivo dei palestinesi detenuti, inclusi centinaia di minori e donne. In molte prigioni, denunciano le ong, le condizioni sarebbero peggiorate dopo l’inizio della guerra a Gaza, con restrizioni sull’accesso all’acqua, alla luce e ai contatti con le famiglie.