Abu Mazen: "Abbiamo riconosciuto Israele, ora Tel Aviv riconosca la Palestina"

Parole di pace e di responsabilità quelle pronunciate da Abu Mazen nel colloquio al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Abu Mazen: "Abbiamo riconosciuto Israele, ora Tel Aviv riconosca la Palestina"
Abu Mazen e Mattarella
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7 Novembre 2025 - 17.04


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Parole di pace e di responsabilità quelle pronunciate da Abu Mazen nel colloquio al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ha ribadito il riconoscimento di Israele, avvenuto già nel 1988 e poi formalizzato nel 1993 con gli accordi di Oslo, chiedendo ora a Tel Aviv di compiere lo stesso passo verso la Palestina.

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“Siamo contrari alla guerra, all’odio, al terrorismo. Vogliamo vivere in un nostro Stato accanto a Israele, che abbiamo riconosciuto come Stato e come territorio. Ora anche Israele deve riconoscere a sua volta il nostro Stato e il nostro territorio”, ha dichiarato il leader palestinese.

Abu Mazen ha inoltre sottolineato che una volta raggiunta la pace, l’Autorità Nazionale Palestinese si farà promotrice di un’iniziativa diplomatica con i Paesi arabi affinché anche loro riconoscano Israele. Una posizione che segna una netta distanza dal linguaggio e dalle azioni di Hamas, che il presidente ha definito “movimento terroristico e illegale” destinato a non avere alcun ruolo nel futuro dello Stato palestinese.

“Hamas deve consegnare le armi e non avrà spazio nel futuro del nostro popolo, perché non crede alla pace”, ha precisato Abu Mazen, offrendo un’immagine di fermezza e responsabilità istituzionale.

Mentre il presidente palestinese parla di riconciliazione, di diplomazia e di futuro condiviso, il governo italiano continua a oscillare. La premier Giorgia Meloni, che in passato aveva promesso un “impegno costruttivo per la pace”, oggi preferisce il silenzio: l’Italia non ha ancora compiuto il passo del riconoscimento dello Stato di Palestina, come invece hanno fatto decine di Paesi europei e latinoamericani.

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Una scelta che appare più dettata da calcoli di fedeltà atlantica che da reale politica estera. Palazzo Chigi attende il via libera da Washington, o più precisamente — come osservano fonti diplomatiche — dall’asse trumpiano che la destra italiana considera punto di riferimento politico e ideologico.

Nel frattempo, Roma resta ferma, spettatrice di una scena internazionale che cambia rapidamente: da una parte un leader palestinese che parla di pace, dall’altra un governo italiano che, in assenza di autonomia, aspetta istruzioni per decidere se riconoscere o meno un popolo che chiede soltanto il diritto all’esistenza.

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