Un nuovo attacco di coloni israeliani ha colpito il villaggio palestinese di Umm al-Khair, a sud di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Un uomo è rimasto ferito, mentre nelle stesse ore gruppi di coloni issavano decine di bandiere israeliane lungo la strada tra Nablus e Ramallah, in aperta sfida alla popolazione palestinese.
Si tratta di una nuova escalation in una campagna di terrore che vede i coloni di estrema destra colpire villaggi, case, campi e persone, con la protezione o la complicità delle forze di sicurezza israeliane.
Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), nel mese di ottobre si è registrato il numero più alto di aggressioni di coloni in Cisgiordania da quando, nel 2006, l’organizzazione ha iniziato a monitorare la situazione. Oltre 260 attacchi in un solo mese – una media di otto al giorno – hanno provocato feriti, devastazioni e danni a proprietà palestinesi.
Le aggressioni avvengono quasi sempre sotto gli occhi dei militari israeliani, che raramente intervengono per fermare gli assalti. In molti casi li coprono o li accompagnano, garantendo ai coloni la più totale impunità.
La politica di espansione degli insediamenti e la protezione offerta dal governo israeliano ai coloni radicali alimentano un clima di dominio e violenza che trasforma ogni villaggio palestinese in un bersaglio. In Cisgiordania, ogni nuova bandiera israeliana issata non è un simbolo di identità, ma di conquista.
Israele continua così a permettere che la violenza dei coloni diventi strumento di pulizia etnica e di espropriazione quotidiana, mentre la comunità internazionale rimane a guardare.
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