L’Applied Research Institute – Jerusalem (ARIJ) ha rivelato oggi che le autorità di occupazione israeliane hanno portato avanti piani per la costruzione di oltre 26.000 nuove unità abitative nelle colonie israeliane illegali situate nella Cisgiordania occupata dall’inizio di quest’anno. Tali piani riguardano più di 30.000 dunam di terra palestinese.
In un rapporto pubblicato giovedì, ARIJ ha sottolineato che, dall’inizio del 2025 fino alla fine di ottobre, sono stati proposti 194 piani insediativi. La maggior parte riguarda il governatorato di Gerusalemme occupata, segnando una delle più significative espansioni degli ultimi anni.
Secondo l’analisi dell’istituto, i nuovi piani si concentrano soprattutto nelle aree circostanti Gerusalemme Est occupata. Il rapporto evidenzia in particolare le colonie di Ma’ale Adumim — a est della città — e Giv’at Ze’ev — a nord-ovest — come principali fulcri dell’espansione. ARIJ afferma che questi piani riflettono un chiaro tentativo delle autorità israeliane di imporre una nuova realtà demografica attraverso la costruzione e la confisca di ampie porzioni di terra palestinese.
Il rapporto segnala che 22 piani di costruzione riguardano la colonia di Giv’at Ze’ev e 16 quella di Ma’ale Adumim, tra cui due piani specifici per l’area altamente contestata “E1”.
Nel governatorato di Betlemme, le colonie più interessate sono state Beitar Illit con 17 piani, Efrat con 14 e Ma’ale Amos con 5. Nel governatorato di Nablus, gran parte dei piani di espansione ha riguardato le colonie di Eli (7 piani) e Alon Moreh (3 piani).
A Ramallah, i piani di espansione hanno interessato colonie come Modi’in Illit, Beit Aryeh-Ofarim e Rimonim. Nel governatorato di Salfit, la colonia di Ariel ha ricevuto la quota maggiore di interventi, seguita da Etz Efraim, Peduel e dalla zona industriale di Barkan.
ARIJ ha ribadito che l’attività coloniale israeliana nei territori palestinesi occupati rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale. L’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 vieta esplicitamente a una potenza occupante di deportare o trasferire parti della propria popolazione civile nel territorio che occupa.
Di conseguenza, l’istituto ha sottolineato che tutte le forme di attività insediativa — compreso il trasferimento di coloni, la costruzione di nuove unità e la confisca di terre per l’espansione — costituiscono una violazione sistematica e palese di tale convenzione internazionale.
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