La Lega valuta lo strappo in Aula e Meloni prende tempo sul Purl: tensioni sull'invio di armi a Kiev

Giorgia Meloni, premier e leader di Fratelli d'Italia, appare determinata a mantenere la linea atlantista del sostegno a Kiev, ma deve fare i conti con le resistenze della Lega

La Lega valuta lo strappo in Aula e Meloni prende tempo sul Purl: tensioni sull'invio di armi a Kiev
Giorgia Meloni
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15 Novembre 2025 - 10.37


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In un clima di crescenti divisioni interne alla maggioranza di governo, il dibattito sull’invio di ulteriori aiuti militari all’Ucraina si fa sempre più acceso. Giorgia Meloni, premier e leader di Fratelli d’Italia, appare determinata a mantenere la linea atlantista del sostegno a Kiev, ma deve fare i conti con le resistenze della Lega, che minaccia uno “strappo” in Aula sul cosiddetto Purl (Piano Unico di Rilancio Locale, un provvedimento economico in discussione al Parlamento). Il vicepremier Matteo Salvini e i suoi alleati, in particolare Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, spingono per una pausa riflessiva sugli aiuti, con l’occhio puntato su gennaio 2026 per una decisione definitiva. Nel frattempo, i servizi segreti italiani lanciano un allarme su un’ondata di propaganda russa che mira a screditare il governo ucraino accusandolo di corruzione sistemica.

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Il contesto: un sostegno italiano sotto stress

L’Italia, sotto la guida di Meloni dal 2022, ha sostenuto attivamente l’Ucraina nella sua difesa contro l’invasione russa iniziata nel febbraio dello stesso anno. Fin dall’insediamento del governo, Roma ha approvato diversi pacchetti di aiuti militari, per un valore cumulativo di centinaia di milioni di euro, inclusi sistemi di difesa antiaerea come il Samp-T, artiglieria e munizioni.

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Questi invii sono stati formalizzati attraverso decreti interministeriali secretati, illustrati al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), e hanno rappresentato un pilastro della politica estera atlantista di Meloni. La premier ha ripetutamente ribadito che “la pace si ottiene consentendo all’Ucraina di difendersi”, enfatizzando come tali aiuti servano a “tenere la guerra lontana dall’Europa e dall’Italia”.

Tuttavia, il dibattito interno alla coalizione di centrodestra – composta da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – si è intensificato con l’avvicinarsi della fine dell’anno. Il sesto pacchetto di aiuti, approvato nel 2022, è stato prorogato più volte, ma ora si profila un settimo o ottavo invio, stimato intorno ai 140 milioni di euro, che include ulteriori sistemi difensivi e supporto logistico.

Al G7 di novembre 2025, Meloni ha evitato di impegnarsi pubblicamente su cifre precise, citando “traumi politici interni” e la necessità di consultazioni con gli alleati di governo. Questa posizione ha creato imbarazzo a livello internazionale, con partner come Stati Uniti e Francia che spingono per un impegno più netto da parte di Roma.

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Le dichiarazioni di Meloni: “Aiuti? Vediamo a gennaio”

La premier ha adottato una strategia di “prendere tempo”, come emerge da fonti di governo. Durante una conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, Meloni ha risposto alle domande sugli aiuti militari con parole caute: “Stiamo valutando con attenzione le esigenze di Kiev, ma le decisioni concrete saranno prese a gennaio, dopo un’analisi approfondita delle risorse disponibili e delle implicazioni per il bilancio italiano”.

Questa frase, riportata dall’ANSA, riflette un compromesso per evitare uno scontro frontale con la Lega, che vede nei nuovi invii un aggravio per le casse pubbliche già sotto pressione per l’aumento dei costi energetici e le sanzioni alla Russia.

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Meloni ha anche difeso la scelta di sostenere l’Ucraina come un “imperativo morale e strategico”. Rivolgendosi implicitamente ai critici interni, ha aggiunto: “Inviare armi difensive non alimenta la guerra, ma la contiene. Senza il nostro supporto, i missili russi colpirebbero più civili e avvicinerebbero il conflitto alle nostre frontiere”.

Questa linea riecheggia le sue posizioni storiche: già nel 2023, al Senato, aveva accusato le opposizioni (e indirettamente i falchi leghisti) di “propaganda puerile” per chi lega gli aiuti al rincaro delle tasse o al calo delle pensioni. In quel discorso, Meloni aveva chiarito: “La libertà ha un prezzo: se non difendiamo Kiev, lo pagheremo noi domani”.

La Lega in fermento: lo “strappo” in Aula e le resistenze di Salvini e Giorgetti

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La Lega, guidata da Matteo Salvini, appare pronta a un gesto eclatante. Fonti vicine al Carroccio parlano di una “valutazione dello strappo in Aula” sul Purl, un disegno di legge che integra misure economiche locali con fondi europei, ma che potrebbe diventare il terreno di una battaglia simbolica contro l'”eccessivo internazionalismo” del governo.

Salvini, storico scettico sull’invio di armi (ha definito le sanzioni “dannose per le imprese italiane”), ha recentemente twittato: “Basta con la corsa alle armi: priorizziamo la pace negoziata e il dialogo con Mosca”. Il suo vice, Andrea Crippa, ha rincarato la dose a luglio 2024, questionando: “I missili sono armi difensive? Io sono contro ogni invio, favoriamo la diplomazia”.

Anche Giancarlo Giorgetti, ministro leghista dell’Economia, ha espresso dubbi sulla sostenibilità finanziaria: “140 milioni in più? Dobbiamo bilanciare le priorità interne, come la sicurezza energetica e il sostegno alle famiglie”.

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Questa posizione ha creato crepe evidenti: al vertice Nato del 2024, Meloni aveva replicato duramente a Salvini, difendendo i sistemi antiaerei come “il modo migliore per proteggere una nazione aggredita”. La Lega, pur negando legami con Mosca, insiste su un “processo negoziale” che includa concessioni territoriali, una linea che stride con l’atlantismo di Fratelli d’Italia.

Forza Italia, con Antonio Tajani agli Esteri, funge da collante: il partito di Berlusconi ha storicamente oscillato tra europeismo e pragmatismo, ma ha dato il via libera ai precedenti pacchetti. Tuttavia, con l’indebolimento di FI dopo la morte del Cavaliere, il suo ruolo di mediatore è sempre più fragile.

L’allarme dei servizi: propaganda russa su corruzione a Kiev

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Un elemento nuovo e inquietante emerge dai rapporti dei servizi segreti italiani, citati nell’articolo. Secondo un’allerta diramata dal Dis (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), è in corso un’intensa “ondata di propaganda russa” mirata a delegittimare il governo ucraino.

L’operazione, attribuita a reti di disinformazione legate al Cremlino, si concentra su accuse di corruzione endemica a Kiev: tangenti su aiuti occidentali, malversazioni nei fondi militari e favoritismi nella ricostruzione. “Questi attacchi non sono casuali – si legge nel report – mirano a erodere il sostegno popolare in Europa, inclusa l’Italia, e a fomentare divisioni interne alle coalizioni pro-Ucraina”.

L’allarme giunge in un momento delicato: recenti inchieste giornalistiche hanno rivelato scandali reali in Ucraina, come l’acquisto gonfiato di equipaggiamenti militari, che Mosca amplifica per i suoi scopi. I servizi italiani raccomandano vigilanza sui social e sui media alternativi, dove la narrazione “Kiev corrotta” sta guadagnando terreno tra gli elettori leghisti e pentastellati.

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Reazioni politiche e opposizioni

Le opposizioni non perdono occasione per attaccare. Il Pd, tramite Enrico Letta, accusa Meloni di “indecisione dannosa”: “Mentre Zelensky chiede urgenza, il governo tentenna per placare Salvini. L’Italia rischia di isolarsi dagli alleati”.

Il M5S, con Giuseppe Conte, invoca un’audizione urgente di Guido Crosetto (ministro della Difesa) in Parlamento: “Non possiamo decidere sui giornali; riferisca sulla ‘frattura’ interna”.

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Dal canto suo, il Terzo Polo (Italia Viva e Azione) sostiene la linea meloniana, ma con riformulazioni per legare gli aiuti a garanzie di trasparenza ucraina.

Internazionalmente, la Casa Bianca e l’Eliseo monitorano la situazione: Biden ha lodato Meloni in una telefonata del 2022 per il suo “impegno atlantico”, ma fonti diplomatiche sussurrano di “preoccupazione” per i ritardi italiani. Zelensky, in un recente incontro con Meloni a Granada (2023), aveva elogiato il “sostegno convinto” di Roma, discutendo di “nuovi pacchetti militari”.

Prospettive: un governo compatto o una crisi in vista?

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Il governo Meloni si trova a un bivio. Da un lato, l’impegno verso Kiev è un pilastro dell’identità atlantista del premier, rafforzato da visite come quella annunciata a Parigi e da dichiarazioni al G20 di Rio (2024), dove Meloni ha chiuso a un dialogo con Putin: “Ora è inutile; armi a Kiev anche nel 2025”.

Dall’altro, le pressioni economiche e le divisioni coalizioni rischiano di minare la stabilità. Se la Lega procederà con lo “strappo” sul Purl, potrebbe innescare una crisi che si estenderebbe al bilancio 2026.

Analisti prevedono che Meloni opterà per un compromesso: aiuti “mirati” e “difensivi” per placare gli alleati, con un tetto di spesa condizionato a verifiche anticorruzione. Ma l’onda di propaganda russa complica tutto, alimentando scetticismo popolare.

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In fondo, come ha detto la premier: “Difendere l’Ucraina non è una scelta, è un dovere. Ma lo faremo con la testa sulle spalle, per l’Italia prima di tutto”.

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