Israele attacca di nuovo Unifil: un carro armato Merkava spara su una postazione Onu nel sud Libano
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Israele attacca di nuovo Unifil: un carro armato Merkava spara su una postazione Onu nel sud Libano

La tensione lungo il confine meridionale del Libano torna a salire dopo l’ennesimo episodio che vede coinvolto l’esercito israeliano e la missione di pace delle Nazioni Unite.

Israele attacca di nuovo Unifil: un carro armato Merkava spara su una postazione Onu nel sud Libano
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16 Novembre 2025 - 20.19


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La tensione lungo il confine meridionale del Libano torna a salire dopo l’ennesimo episodio che vede coinvolto l’esercito israeliano e la missione di pace delle Nazioni Unite. UNIFIL ha denunciato che una delle sue postazioni di osservazione è stata fatta bersaglio dai colpi di un carro armato Merkava dell’IDF, che ha aperto il fuoco da una posizione israeliana situata all’interno del territorio libanese. I proiettili hanno colpito e distrutto alcune telecamere di sorveglianza, danneggiando la torre di osservazione e mettendo in pericolo il personale dispiegato sul posto. La missione delle Nazioni Unite ha espresso “profonda preoccupazione” e ha ricordato a Israele che le sue postazioni sono inviolabili e che i caschi blu operano con un mandato chiaro del Consiglio di Sicurezza per la stabilità della regione.

L’esercito israeliano, dal canto suo, ha diffuso una spiegazione che non ha convinto la maggior parte degli osservatori: si sarebbe trattato di un incidente dovuto alle “cattive condizioni meteorologiche”. Secondo la versione dell’IDF, il carro armato avrebbe sparato in modo involontario a causa della scarsa visibilità. Una giustificazione fragile, che appare più come un tentativo di derubricare un fatto grave a errore tecnico, e che stride con la natura precisa e mirata di questo tipo di fuoco.

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Non si tratta infatti di un caso isolato. Dall’autunno del 2023, dopo l’inizio della nuova escalation in Medio Oriente, UNIFIL ha denunciato più volte episodi simili: postazioni colpite, telecamere distrutte, basi danneggiate da raid o da colpi diretti provenienti dall’esercito israeliano. In più occasioni i caschi blu, compresi quelli italiani, sono stati costretti a ripararsi in strutture protette o a sospendere temporaneamente alcune attività operative. Ogni volta, Israele ha offerto spiegazioni minimizzanti, parlando di risposte a minacce mal identificate o di errori tecnici, senza mai ammettere responsabilità sostanziali né garantire misure per evitare che simili episodi si ripetano.

Il quadro che emerge è quello di una missione di pace sempre più esposta e di un esercito israeliano che agisce con un margine di impunità crescente, ignorando i ripetuti richiami delle Nazioni Unite e violando con regolarità la Risoluzione 1701, che stabilisce i limiti operativi lungo la Linea Blu. Gli attacchi e le intimidazioni non colpiscono solo le infrastrutture militari libanesi o le postazioni di Hezbollah, ma finiscono per mettere a rischio diretto la vita dei peacekeeper incaricati di prevenire un nuovo conflitto su larga scala.

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È in questo contesto che le “scuse” per il maltempo suonano vuote. La ripetizione degli episodi suggerisce non un incidente isolato, bensì un atteggiamento sistematico, che alimenta instabilità e delegittima l’azione dell’ONU in una delle aree più delicate del Medio Oriente. Finché Israele continuerà a trattare UNIFIL come un intralcio più che come un attore di sicurezza internazionale, il rischio di una nuova escalation resterà alto e la credibilità stessa delle missioni di pace sarà messa in discussione.

Un nuovo colpo di Merkava contro una torre ONU non è solo un incidente: è il segno di un problema politico più profondo, che chiama in causa la volontà di Tel Aviv di rispettare gli accordi internazionali e di evitare che il Libano meridionale scivoli ancora una volta verso il conflitto aperto.

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