Il parroco di Gaza padre Romanelli denuncia il dramma che continua nella Striscia tra pioggia, freddo e bombe
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Il parroco di Gaza padre Romanelli denuncia il dramma che continua nella Striscia tra pioggia, freddo e bombe

A descrivere la situazione è padre Gabriel Romanelli, che al Sir spiega come la vita quotidiana sia ormai schiacciata tra il maltempo invernale e le continue attività militari.

Il parroco di Gaza padre Romanelli denuncia il dramma che continua nella Striscia tra pioggia, freddo e bombe
Il parroco di Gaza Gabriel Romanelli
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17 Novembre 2025 - 15.41


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Dalla parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza – uno dei pochi luoghi ancora in grado di offrire riparo a centinaia di civili – arriva un nuovo e drammatico aggiornamento. A descrivere la situazione è padre Gabriel Romanelli, che al Sir spiega come la vita quotidiana sia ormai schiacciata tra il maltempo invernale e le continue attività militari.

«Si sentono i bombardamenti, esplosioni e colpi di arma da fuoco qui a poche decine di metri dalla parrocchia dove passa la cosiddetta “linea gialla” stabilita dal cessate il fuoco del 10 ottobre scorso. Ci sono momenti in cui sentiamo la terra tremare. La pioggia di questi giorni ha peggiorato ancora di più le condizioni dei gazawi e anche il freddo sta facendo sentire la sua morsa».

Nella chiesa trovano ancora rifugio circa 400 persone. Padre Romanelli racconta che, pur tra mille difficoltà, gli spazi della parrocchia offrono una protezione minima: «In parrocchia – dice il missionario argentino – riusciamo ancora a fronteggiare il maltempo, non abbiamo vetri alle finestre ma è poca cosa rispetto alla stragrande maggioranza della popolazione che si trova a vivere al freddo e sotto la pioggia, dentro tende di fortuna. Chiamarle tende è esagerato. Sono, in realtà, dei teloni tirati in qualche modo, senza un pavimento, completamente esposti al vento e alla pioggia».

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Fuori, la realtà è ancora più dura: molti gazawi si sono sistemati tra le rovine degli edifici colpiti, affidandosi a ripari improvvisati mentre le temperature scendono rapidamente. «Ci sono – prosegue padre Romanelli – tantissimi gazawi che hanno trovato rifugio tra le macerie, dentro quello che rimane degli edifici bombardati. Sono giorni difficili e siamo solo all’inizio della stagione invernale. Servirebbero delle ruspe per liberare le strade dalle macerie e dalla spazzatura, e per ripristinare le linee elettriche e fognarie. A rischio è la sopravvivenza delle persone, specie quelle più vulnerabili».

Il parroco sottolinea come, in queste condizioni, ogni scenario politico o discorso sulle fasi del “piano Trump” appaia totalmente scollegato dalla realtà: «Nessuno qui pensa alla ricostruzione, alla seconda fase, alla terza e chissà a che altro, previste dal piano di Trump. La priorità, adesso – ribadisce padre Romanelli – è sopravvivere al maltempo e al freddo. Mancano elettricità, carburante, medicine, per cucinare si brucia di tutto, legna, mobili, sedie, tavolini, plastica e anche spazzatura. Il cibo si trova con più facilità adesso, e lo si vede dai prezzi che si sono abbassati. Purtroppo, la gente non ha contanti per pagare. È stata aperta anche una banca ma non dà denaro contante. Così cresce il senso di abbandono tra la popolazione oramai sempre più esausta».

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Il legame con la Chiesa universale resta, però, un sostegno cruciale per i fedeli e per i rifugiati della parrocchia. Padre Romanelli ricorda il costante supporto del patriarca latino di Gerusalemme: «Speriamo possa tornare a trovarci prima del Natale, come tradizione vuole, – afferma padre Romanelli –. La sua presenza qui è per noi una grande benedizione. Ringraziamo poi Papa Leone XIV per i suoi continui messaggi di affetto e vicinanza».

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