La tregua sulla carta continua a esistere, ma sul terreno è ormai un’illusione. Oggi il Ministero della Salute di Gaza ha annunciato l’ennesima strage: 25 palestinesi uccisi e oltre 77 feriti in una nuova ondata di bombardamenti israeliani che ha colpito più aree della Striscia, da Gaza City a Khan Younis. Una sequenza di raid e di colpi di artiglieria che, ancora una volta, riporta l’enclave in uno scenario di morte quotidiana nonostante il cessate il fuoco formalmente in vigore.
Fonti militari israeliane sostengono di aver risposto a colpi sparati da presunti combattenti di Hamas nell’area di Khan Younis. In questa narrazione, gli attacchi aerei sarebbero “legittima difesa”. Fonti di sicurezza, rimaste anonime, affermano anche di aver assassinato due comandanti del movimento palestinese, un’informazione che attende conferma da parte di Hamas. Ma al di là delle giustificazioni, la dinamica è ormai consolidata: ogni pretesto diventa terreno per nuove operazioni letali, mentre i civili continuano a essere le prime vittime.
Il modello seguito da Israele, dicono analisti e osservatori, è sempre lo stesso. È Israele a stabilire unilateralmente come e quando interpreti la tregua, ponendosi allo stesso tempo come giudice, giuria ed esecutore. Decide quali atti attribuire a Hamas a Gaza o a Hezbollah in Libano, valuta da sola se rappresentino una violazione del cessate il fuoco e, sulla base di questa valutazione unilaterale, ritiene di avere il diritto di colpire, bombardare e portare a termine omicidi mirati. Tutto questo senza considerare che la tregua dovrebbe essere un vincolo per entrambe le parti e non una clausola elastica da piegare secondo convenienza.
Così, mentre Israele rivendica una presunta aderenza al diritto internazionale, i fatti descrivono tutt’altro scenario: un Paese che continua a operare ben al di fuori dei limiti del cessate il fuoco, moltiplicando azioni militari che devastano aree densamente popolate e colpiscono una popolazione già stremata. Gaza, ferita e isolata, registra ogni giorno nuovi morti, mentre la comunità internazionale assiste a una tregua che Israele applica come un potere discrezionale, trasformandola in un meccanismo che giustifica ulteriori violazioni invece che prevenire violenza.
L’ennesima strage di oggi è solo l’ultimo capitolo di una serie di attacchi che rendono la parola “tregua” una formula vuota, e che continuano a minare qualunque prospettiva di pace o di protezione per la popolazione civile. La realtà è che, per Gaza, la tregua non ha mai smesso di essere bombardata.