Il terremoto che da giorni attraversa il Garante della Privacy registra un nuovo capitolo. Dopo le pressioni politiche e le richieste di passo indietro rivolte ai vertici dell’Autorità in seguito all’inchiesta di Report, a lasciare l’incarico è il segretario generale Angelo Fanizza. Una decisione arrivata in serata e che conferma la profondità della crisi interna.
Al centro della vicenda c’è il documento riservato, svelato dalla trasmissione di Rai3, in cui Fanizza avrebbe chiesto al dirigente informatico dell’Autorità di procedere con urgenza all’estrazione della posta elettronica dei dipendenti, degli accessi vpn, delle cartelle condivise e dei sistemi documentali. Un’operazione invasiva, finalizzata secondo le ricostruzioni alla caccia alla “talpa” che avrebbe consentito la diffusione di comunicazioni interne.
La richiesta, datata 4 novembre – appena due giorni dopo la prima puntata dell’inchiesta – ha provocato una reazione immediata. Il dirigente informatico ha infatti avvertito il personale, denunciando l’illegittimità di quanto proposto dal segretario generale. Il risultato è stata un’assemblea dei lavoratori compatta: voto unanime per chiedere le dimissioni dell’intero collegio del Garante.
Il clima è diventato immediatamente incandescente. Con una nota diffusa in serata, il collegio del Garante ha preso le distanze dal documento firmato da Fanizza, rivendicando la “totale estraneità” dell’Autorità alla richiesta di accedere ai dati dei dipendenti e ricordando che interventi del genere possono configurare violazioni della normativa sulla privacy. Un modo per provare a mettere un argine alla tempesta che sta investendo l’istituzione incaricata di tutelare proprio ciò che in questa vicenda rischia di essere stato violato: i dati personali.
Fanizza, magistrato del Tar del Lazio, docente universitario e nominato segretario generale solo il 10 ottobre, avrebbe dovuto restare in carica fino al luglio 2027. Ma le tensioni interne, le contestazioni e l’ombra lunga dell’inchiesta giornalistica hanno reso la sua posizione insostenibile.
La sua uscita non chiude però il caso: resta aperta la questione della gestione interna dell’Autorità e della credibilità del Garante in una fase in cui la tutela della privacy è sotto i riflettori pubblici come raramente in passato.
