Nuova notte di terrore nella Cisgiordania occupata, dove la violenza dei coloni israeliani continua a colpire impunemente le comunità palestinesi. Secondo quanto riferito dall’agenzia Wafa, un gruppo di coloni ha dato alle fiamme sei ville turistiche in costruzione su una collina tra al-Lubban Asharqiya e Ammouriya, a sud di Nablus. Le strutture, di proprietà palestinese, sono andate distrutte. Il guardiano del sito ha riportato ustioni mentre tentava di spegnere l’incendio, ennesima vittima di un’ondata di attacchi sempre più brutale.
Nella stessa area, a Deir Sharaf, un vivaio è stato vandalizzato da un altro gruppo di coloni. Non si tratta di episodi isolati, ma dell’ennesima manifestazione di una strategia di intimidazione sistematica. Secondo l’ONU, solo il mese scorso si sono registrati almeno 260 attacchi dei coloni contro palestinesi, le loro case, le auto, le attività economiche. Una violenza che procede in parallelo all’espansione delle colonie illegali e alla protezione garantita, di fatto, dall’esercito israeliano.
Il clima di impunità ha però trovato un primo, significativo argine internazionale. Singapore ha annunciato sanzioni finanziarie e il divieto d’ingresso per quattro noti estremisti: Meir Mordechai Ettinger, Elisha Yered, Ben-Zion Gopstein e Baruch Marzel. Secondo il Ministero degli Esteri di Singapore, questi individui si sono macchiati di “atti eclatanti di estrema violenza” contro civili palestinesi, minando apertamente qualsiasi prospettiva di soluzione a due Stati. Tutti e quattro erano già stati sanzionati dall’Unione europea, un segnale che la comunità internazionale comincia a riconoscere la pericolosità dell’estremismo dei coloni, una delle minacce più destabilizzanti per la regione.
Mentre gli incendi nella notte illuminano le colline della Cisgiordania e i villaggi palestinesi fanno i conti con aggressioni quotidiane, resta una domanda di fondo: per quanto ancora la comunità internazionale tollererà che gruppi organizzati di coloni, mossi da ideologia suprematista, impongano con la violenza una realtà di apartheid e di pulizia territoriale? La risposta, sempre più urgente, definirà non solo il futuro della Palestina, ma la credibilità stessa del diritto internazionale.