Tra i miti che il genocidio di Gaza e la violenza sistemica in Cisgiordania, hanno infranto, c’è quello di Tsahal come l’esercito più morale al mondo. Così non è più, se mai lo sia stato. Globalist ha documentato, con il decisivo contributo delle migliori firme del giornalismo indipendente d’Israele, e con le documentate denunce delle più autorevoli Ong internazionali e israeliane che si occupano di diritti umani, gli abusi, i crimini di guerra, l’uso sistematico delle torture, fisiche e psicologiche, il sostegno attivo alle squadracce dei coloni, che hanno caratterizzato il comportamento delle Forze armate dello Stato ebraico. All’interno delle quali, un segno importante di resilienza, si sono levate voci di chi ha avuto il coraggio, pagandone il prezzo della libertà e il linciaggio mediatico di Tv e giornali “arruolati” dal governo fascista di Tel Aviv, di denunciare comportamenti disumani che hanno preso piede nelle Forze di difesa israeliane (Idf).
La caduta dell’“esercito più morale”: come vengono attaccati oggi in Israele gli informatori che denunciano gli abusi dell’Idf
Di grande rilevanza è il report di Tamar Ziff, desk editor per Haaretz English.
Scrive Ziff: “Raduna la gente che vive tra il punto X e il punto Y, mettili sui mezzi di trasporto e portali oltre le nostre linee; fai saltare in aria le case di pietra e brucia le capanne; ferma i giovani e i sospetti e ripulisci la zona dalle ‘forze nemiche’… con tanta cortesia e con una moderazione che viene dalla vera cultura, e questo sarebbe un segno del vento del cambiamento, di una buona educazione e, forse, anche dell’anima ebraica, la grande anima ebraica“ – ”Khirbet Khizeh”, S. Yizhar
Così inizia forse il primo resoconto di un “informatore” delle Forze di Difesa Israeliane, che descrive, con ironia tagliente, un “cortese” attacco delle truppe dell’Idf alla fittizia città araba di Khirbet Khizeh durante la guerra d’indipendenza israeliana del 1947-‘49 e l’espulsione dei suoi abitanti.
Scritto nel 1949 da Yizhar Smilansky, conosciuto con lo pseudonimo di S. Yizhar, che ha servito nell’intelligence dell’esercito durante la guerra, il libro prende di mira il mito del combattente ebreo integerrimo, così come sfata il mito che gli arabi palestinesi abbiano “lasciato” volontariamente i loro villaggi durante la guerra. Fornisce un resoconto sconcertante della condotta dei soldati dell’Idf, svelando la realtà della Nakba.
In Israele, la guerra d’indipendenza ha un’importanza fondamentale, se non mitica. Secondo la versione ufficiale, fu una guerra di liberazione, che segnò la realizzazione del sogno sionista. Nel 1949, lo Stato di Israele era stato appena fondato. Era ancora estremamente vulnerabile. In questo clima, quale fu l’accoglienza riservata a “Khirbet Khizeh”? Sicuramente il libro fu censurato, rifiutato?
Al contrario. Divenne incredibilmente popolare. Fu inserito nel programma scolastico obbligatorio delle scuole superiori israeliane nel 1964 e in seguito trasformato in una serie televisiva di grande successo. Forse il primo di un genere che divenne noto come “sparare e piangere” (yorim ve’bochim), il libro fu il primo mea culpa militare israeliano e fu debitamente celebrato perché dimostrava che i soldati dell’Idf avevano una bussola morale.
Nei decenni successivi, l’autoconsapevolezza dell’Idf come “esercito morale” non significava che tutti i soldati agissero sempre in modo morale. Significava, tuttavia, che i comportamenti immorali dovevano essere riconosciuti e denunciati senza indugio, che erano “eccezioni” e sarebbero stati puniti.
Forse l’apogeo di questa “moralità militare” fu la Commissione Kahan nel 1982, che indagò sul massacro dei palestinesi da parte dei falangisti cristiani nei campi profughi di Sabra e Shatila durante l’intervento di Israele nella guerra civile libanese. La Commissione ha ritenuto Israele “indirettamente responsabile” del massacro perché aveva permesso ai falangisti di entrare nei campi profughi sapendo che intendevano vendicarsi violentemente dei palestinesi, e poi non era intervenuto. L’allora ministro della difesa Ariel Sharon è stato ritenuto personalmente responsabile per aver trascurato di proteggere i profughi palestinesi a Beirut ed è stato costretto a dimettersi.
La commissione d’inchiesta statale non aveva lo scopo di infliggere punizioni, ma formulò raccomandazioni che ebbero drammatiche ripercussioni politiche. Oltre al ministro della Difesa Sharon, anche il capo dei servizi segreti dell’Idf Yehoshua Saguy si dimise in seguito alle raccomandazioni della commissione, tra le proteste diffuse dell’opinione pubblica che chiedeva che i vertici dell’Idf – e il governo – si assumessero la responsabilità. Anche l’allora primo ministro israeliano Menachem Begin finì per dimettersi, in parte a causa della pressione dell’opinione pubblica sugli eventi della guerra del Libano.
Ancora più importante, la commissione fu una dichiarazione pubblica che l’Idf e i suoi leader politici dovevano rispettare le norme etiche e le leggi di guerra e che, di fronte all’uccisione di civili, non potevano restare a guardare.
Le indagini israeliane sulla violenza eccessiva o sulle violazioni dei diritti umani da parte di singoli soldati dell’Idf di solito si svolgono a porte chiuse nei tribunali militari sotto la supervisione del procuratore generale militare. L’ufficio esiste sia per rafforzare l’idea dell’Idf come forza “difensiva”, che opera secondo determinati standard etici, sia per proteggere le operazioni dell’Idf da indagini da parte di tribunali internazionali. Un governo israeliano normale rispetterebbe il lavoro e l’autorità dell’ufficio per mantenere l’immagine dell’Idf come forza che opera entro determinati limiti etici.
Ma questo governo non è normale. E non si ritiene responsabile nei confronti delle norme etiche.
Il procuratore generale militare Yifat Tomer-Yerushalmi ha fatto trapelare il video dei riservisti dell’Idf che maltrattano un prigioniero palestinese perché, secondo lei, ha dovuto affrontare una forte pressione politica per non aprire indagini sugli abusi nel centro di detenzione di Sde Teiman. Quello che è successo dopo la pubblicazione del video ha dato ragione a lei: dopo che i riservisti militari accusati di abusi sono stati arrestati in seguito alla fuga di notizie del luglio 2024, i ministri della coalizione della Knesset, insieme a centinaia di manifestanti di destra, hanno preso d’assalto Sde Teiman chiedendo il loro rilascio.
All’inizio di questo mese, quando Tomer-Yerushalmi si è assunta la responsabilità della fuga di notizie e ha rassegnato le dimissioni, le proteste del governo, di parte dei media e dell’opinione pubblica sono state ancora più veementi. I ministri della coalizione hanno chiesto il suo arresto; centinaia di manifestanti si sono radunati davanti alla sua casa nelle ultime settimane chiedendo la sua incarcerazione; e un popolare commentatore di destra ha chiesto che fosse linciata.
Nel suo tentativo di far rivivere l’idea dell’Idf come “esercito morale”, il procuratore generale militare è stato visto come il vero nemico. “Sparare e piangere” rifletteva un periodo in cui Israele e l’Idf avevano certi limiti morali, o almeno cercavano di far sembrare che li avessero. Il caso del procuratore generale militare dimostra che, nonostante il primo ministro Benjamin Netanyahu continui a ribadire che l’Idf è “l’esercito più morale del mondo”, tali limiti sono completamente scomparsi.
La tortura, gli abusi e l’umiliazione dei civili da parte dei soldati dell’Idf sono diventati normali agli occhi dell’opinione pubblica e dei media israeliani: dai soldati dell’Idf che si riprendono mentre giocano con la lingerie trovata nelle case di Gaza, al restare a guardare – o addirittura partecipare – agli attacchi dei coloni in Cisgiordania, alle celebrazioni pubbliche degli autori degli abusi a Sde Teiman.
Se S. Yizhar avesse “divulgato” “Khirbet Khizeh” nel 2025, sarebbe stato pubblicamente crocifisso. I panel di tutte le principali emittenti televisive avrebbero discusso la portata del suo tradimento. Il primo ministro avrebbe definito il libro “il più grave attacco di diplomazia pubblica grave che Israele abbia mai affrontato”. E pochi lo avrebbero effettivamente letto”, conclude Ziff.
Ecco cosa significa giornalismo dalla schiena dritta.
Per chi coltiva ancora l’illusione che Benjamin Netanyahu sia la classica mela marcia nel gran cesto delle mele sane nella politica israeliana, e tanti sono di questo avviso in Italia, anche nel centrosinistra, consigliamo di leggere e meditare su quanto scritto, sempre su Haaretz, da Ravit Hecht.
La coppia opportunista di Netanyahu sostiene il capo, ma quando ci sarà il loro prossimo tradimento?
Annota Hecht: “Qualche anno fa, Yariv Levin e Zeev Elkin erano i consiglieri intelligenti ed esperti di Benjamin Netanyahu. Il primo ministro li ha usati con il suo solito cinismo per i suoi scopi. Hanno escogitato manovre per lui, creato coalizioni per lui, eliminato rivali per lui. E, quando serviva, li ha avvicinati e allontanati, con il suo solito atteggiamento prepotente.
Levin alla fine ha conquistato il loro partito, il Likud, ponendo fine alla sua dipendenza da Netanyahu. Ha creato una fazione rivoluzionaria di destra all’interno del Likud che ha sconvolto le istituzioni dello Stato di diritto, scatenato guerre civili e, in generale, imposto le sue patologie all’intero Israele. Nel frattempo, Elkin è passato da un tradimento politico all’altro e alla fine è diventato il vice di un altro traditore.
Questo paragone mi è venuto in mente questa settimana, quando Elkin è stato incluso nel comitato ministeriale che dovrebbe nominare una “commissione d’inchiesta”. L’obiettivo: assolvere il governo, soprattutto Netanyahu, da qualsiasi responsabilità o colpa per il 7 ottobre. Dopo la sua nomina, Elkin ha detto a Nir Gontarz di Haaretz che i due eventi formativi che devono essere indagati riguardo al massacro di Hamas sono gli accordi di Oslo del 1993 e il ritiro da Gaza del 2005.
Sì, questo è lo stesso Elkin che ha lasciato il Likud per passare al Kadima, il partito creato con l’unico scopo di attuare il ritiro. Poi è tornato al Likud e a Netanyahu. Lui e Gideon Sa’ar hanno poi visto la luce, hanno dichiarato Netanyahu un terribile demone e sono diventati la punta di diamante del fronte “Chiunque tranne Bibi” che ha formato il “governo del cambiamento” nel 2021. Ora, il modello 2025 di Elkin dice: “Penso che sia malato vedere tutto attraverso il prisma del ‘sì a Netanyahu o no a Netanyahu’”.
Non è chiaro chi sia più patetico, lui o il suo nobile leader, Sa’ar. È difficile ricordare i nomi di tutti i partiti e i movimenti che Sa’ar ha fondato o a cui ha aderito. Nel blocco che ha formato il “governo del cambiamento”, ha adottato la linea più aggressiva contro Netanyahu. E poco dopo il 7 ottobre, prima di passare a Netanyahu in una delle più grossolane operazioni di furto di voti nella storia israeliana, parlava ancora della responsabilità del primo ministro per il massacro.
Sa’ar, l’uomo che ha nominato Gali Baharav-Miara procuratore generale e ha cercato di far approvare una legge che impedisse a Netanyahu di essere eletto primo ministro, ha scritto su X qualche giorno fa che “a quanto pare avevamo bisogno del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per mostrare tutta l’assurdità di continuare il processo a Netanyahu”. Ha anche definito il processo “kafkiano”.
Netanyahu ha sempre seguito una politica di accoglienza calorosa nei confronti dei transfughi che salvano il suo governo, ricoprendoli di generosità per dimostrare che tali ritorni all’ovile, fondamentali per lui, sono sicuri e vantaggiosi. Ma ha anche senso dell’umorismo e un pizzico di sadismo, e ha una famiglia dominante che lo influenza, per usare un eufemismo.
La previsione nell’entourage di Netanyahu è che non riserverà posti nella lista del Likud per la prossima Knesset sia a Sa’ar che a Elkin. Offrirà invece un solo posto riservato, molto probabilmente a Sa’ar.
Nel Likud si dice che Sa’ar potrebbe cedere il suo posto riservato a Elkin e candidarsi alle primarie del partito. Ma ci sono almeno due motivi per dubitarne.
In primo luogo, i Likudniks sono i più esperti di politica di qualsiasi base di partito in Israele, ed è molto improbabile che ripongano la loro fiducia in Sa’ar dopo tutto quello che è successo, nonostante il suo contributo fondamentale per salvare Netanyahu dopo il massacro. In secondo luogo, dato che il principio organizzativo costante del carattere di entrambi gli uomini è il tradimento politico, perché non dovrebbero iniziare a tradirsi a vicenda a un certo punto?
L’evoluzione del partito New Hope, alias la destra statista, alias i vermi che contraddicono spudoratamente le parole e le azioni del recente passato, è un triste esempio di dove si trova la politica israeliana e del materiale umano che la compone. Ma è anche una lezione che non deve essere dimenticata. Chiunque sia sospettato di essere un essere politico cinico e strumentale ha alte probabilità di finire per diventare uno spudorato ladro di voti”, conclude Hecht.
Morale della triste favola-realtà: il “bibismo” è destinato a sopravvivere a Bibi. La destra israeliana è irriformabile. Tra la base del Likud e quella dei partiti messianici e fascistoidi di Smotrich e Ben-Gvir vi sono molte più cose assonanti che punti divergenti. La mutazione genetica – politica, culturale, identitaria – si è completata. Ma la sinistra, o ciò che ne resta in Israele, fa fatica a prenderne atto. Da qui il suo suicidio.
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