Nella Valle del Giordano, in Cisgiordania occupata, i coloni israeliani hanno colpito nuovamente il cuore dell’agricoltura palestinese, vandalizzando sistemi di irrigazione e distruggendo coltivazioni. Secondo l’agenzia Wafa, l’ultimo raid è avvenuto ad al-Farisiya, nel nord della valle, dove i coloni hanno agito con la determinazione di chi vuole imporre un dominio senza limiti sulla terra altrui. In un episodio separato, un gruppo di coloni ha utilizzato un trattore per arare terreni palestinesi a nord di Sinjil, un gesto che gli abitanti locali hanno interpretato come un chiaro segnale della loro intenzione di sequestrare le terre.
Le vittime di queste aggressioni non sono solo i contadini privati delle loro colture: i residenti non hanno potuto accedere ai terreni dall’inizio della guerra genocida di Israele su Gaza, quando le autorità israeliane hanno dichiarato l’area “zona militare”, isolando di fatto le comunità palestinesi e rendendole vulnerabili agli attacchi dei coloni. Questi gruppi di estrema destra non si sono limitati a devastare proprietà: negli ultimi anni hanno ripetutamente aggredito attivisti per i diritti civili, tra cui tre cittadini italiani impegnati sul campo, trasformando il lavoro umanitario in un bersaglio da colpire.
L’azione dei coloni nella Valle del Giordano non è un episodio isolato: è parte di una strategia di violenza sistematica e intimidazione, volta a cancellare la presenza palestinese e consolidare insediamenti illegali sotto l’occhio complice di uno Stato che tollera o persino incoraggia l’aggressione. Ogni irrigazione distrutta, ogni campo arato con violenza, racconta non solo della devastazione materiale, ma anche della frattura morale di un sistema che permette alla violenza dei coloni di prosperare mentre la popolazione civile resta inerme e isolata.
