Cisgiordania, spara e investe un palestinese che prega: colono israeliano condannato solo a 5 giorni ai domiciliari
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Cisgiordania, spara e investe un palestinese che prega: colono israeliano condannato solo a 5 giorni ai domiciliari

Cinque giorni di arresti domiciliari. È questa la “pena” inflitta al colono israeliano – riservista dell’esercito – ripreso mentre investiva deliberatamente un palestinese intento a pregare sul ciglio di una strada nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania.

Cisgiordania, spara e investe un palestinese che prega: colono israeliano condannato solo a 5 giorni ai domiciliari
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26 Dicembre 2025 - 11.35


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Cinque giorni di arresti domiciliari. È questa la “pena” inflitta al colono israeliano – riservista dell’esercito – ripreso mentre investiva deliberatamente un palestinese intento a pregare sul ciglio di una strada nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania. A riferirlo è il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth. Una sanzione che appare non solo irrisoria, ma offensiva rispetto alla gravità dei fatti.

Secondo quanto emerso, l’uomo non si è limitato a investire il fedele musulmano: poco prima avrebbe aperto il fuoco contro alcuni palestinesi, ferendone due. Arrestato nella giornata di ieri, al riservista è stata sequestrata l’arma, ma subito dopo è stato rilasciato e confinato nella propria abitazione. Nessuna custodia cautelare in carcere, nessuna incriminazione proporzionata alla violenza esercitata, nessun segnale di reale volontà di giustizia.

Il caso è emblematico di un sistema di impunità strutturale che protegge i coloni e i soldati israeliani anche quando le prove sono evidenti e documentate. Se un palestinese avesse compiuto un gesto anche lontanamente simile, il finale sarebbe stato scontato: sarebbe stato abbattuto sul posto e l’episodio sarebbe stato immediatamente etichettato come “atto terroristico”, senza processo né attenuanti. Qui, invece, un’aggressione armata e un tentato omicidio si traducono in una punizione simbolica, che suona come una beffa.

Cinque giorni di arresti domiciliari non sono una pena: sono una falsa sanzione, una messinscena giudiziaria che rafforza l’idea che, nei Territori occupati, la legge non sia uguale per tutti. È una vergogna che alimenta la spirale di violenza e conferma, ancora una volta, che la vita dei palestinesi vale meno, anche quando a essere colpito è un uomo disarmato, inginocchiato in preghiera.

Questo episodio non è un’eccezione, ma l’ennesima prova di un doppio standard che mina qualsiasi credibilità dello Stato di diritto e rende vuote le parole su legalità, sicurezza e giustizia. Finché simili crimini continueranno a essere puniti con pene ridicole, parlare di responsabilità e di rispetto dei diritti umani resterà pura retorica.

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