La ristampa della Cantata Rossa rende omaggio ai palestinesi, un impegno civile che Gaetano Liguori non ha mai smesso di esercitare

Torna in vinile un album storico della musica italiana, “Cantata rossa per Tall El Zaatar”, edito dalla coraggiosa etichetta milanese Black Sweat Records. Un disco firmato da Gaetano Liguori con le voci di Demetrio Stratos e Giulio Stocchi.


La ristampa della Cantata Rossa rende omaggio ai palestinesi, un impegno civile che Gaetano Liguori non ha mai smesso di esercitare
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17 Ottobre 2025 - 23.03


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di Giordano Casiraghi

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Indietro di Cinquanta anni, il 12 agosto 1976, arrivava al suo tragico epilogo l’assedio del campo di Tall el Zaatar, a Beirut, uno dei capitoli più drammatici ma anche meno ricordati della vicenda del popolo palestinese. In occasione del venticinquesimo anniversario della battaglia e del massacro di Tall el Zaatar, nel 2001 Radio Popolare produsse per la propria collana discografica ArpA la prima ristampa in cd dell’album “La cantata rossa per Tall el Zaatar”. La battaglia di Tall el Zaatar diventerà un simbolo della volontà di vivere del popolo palestinese. In un intervento sul quotidiano Il Messaggero, la scrittrice Edith Bruck dichiarava: “Mi identifico negli occhi vuoti dei bambini trucidati dai cristiani maroniti che usano armi israeliane, mi riconosco nelle loro madri che si strappano i capelli dallo strazio. Sento la necessità e il dovere umano e civile, di chi è sopravvissuto al massacro di sei milioni di ebrei, di gridare, di ripetere, di protestare di fronte a Tall el Zaatar, di non dimenticare i ghetti, e i suoi morti e i nostri morti. Chi non grida oggi, non avrà diritto di piangere se domani dovesse toccare a lui.

Chi è pacifista All’uscita del disco nel 1977 è lo stesso Liguori che usa queste parole: “La Cantata rossa è essenzialmente un discorso militante, un tentativo di riportare all’attenzione dei rivoluzionari e dei democratici italiani la tragedia del popolo palestinese. E’ incredibile considerare come un genocidio di simili proporzioni sia stato così facilmente ‘dimenticato’ dalla sinistra”.

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Nato a Napoli nel 1950, ma cresciuto a Milano, Liguori diventa una delle figure di punta del jazz italiano di ricerca. Ecco una parola che rincorre nei discorsi di quei formidabili anni Settanta dove ogni artista era curioso di percorrere stade altrnative a quelle che proponeva la televisione con i festival di Sanremo e affini. Anni in cui il pubblico che aveva iniziato a seguire in massa la musica pop attraverso festival e concerti sparsi. Ogni artista aveva una sua linea da seguire, tutti insieme formavano la grande novità della musica internazionale. Erano anni di collettivi, non a caso Liguori è a capo della Collective Orchestra che comprende i seguenti nomi: Bellatalla, Cesaroni, Del Piano, Maurino, Mazzon, Monico, Ricci, Terenzi, Urbani e perfino il padre Lino Liguori. Un disco straordinario che segna un grande passo avanti del jazz italiano e che viene ristampato in cd da Black Sweat Records.


Parte trainante di questo progetto è Gaetano Liguori che convince a partecipare il poeta Giulio Stocchi e l’allora vocalist degli Area Demetrio Stratos, vicino alle istanze delle lotte studentesche e operaie.


“La Cantata rossa” prende forma in studio. I testi di Stocchi vengono disposti in cinque “capitoli”. Del primo, “I 53 giorni”, che contiene riferimenti precisi ai responsabili dell’assedio e della strage finale, sono protagonisti il trio e la voce recitante di Stocchi. Il secondo capitolo, “Amna”, è interpretato da Demetrio Stratos con il commento del piano; Liguori pensa al modello voce recitante e pianoforte del Pierrot Lunaire di Schoenberg. Stratos riesce a tratteggiare la storia della dodicenne “Amna” sopravvissuta al massacro.

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La terza parte “Piccolo Fadh” si apre con Stocchi, mentre “La madre” doveva essere cantato da Concetta Busacca, che, figlia del cantante folk siciliano Ciccio Busacca, all’epoca lavorava alla Palazzina Liberty con La comune di Dario Fo. Invece lo reciterà Stocchi, mentre Concetta Busacca porta in sottofondo antiche melodie siciliane.

Gaetano sei l’unico rimasto a poter raccontare qualcosa di questa straordinaria operazione realizzata ormai Cinquanta anni orsono. L’idea è stata tua?
Ho avuto l’idea di un disco come omaggio alla lotta palestinesi sull’onda di un’indignazione del massacro di Tall El Zaatar, ho coinvolto Giulio Stocchi che era il poeta delle manifestazioni, lui aveva portato la poesia nelle piazze. Ricordo in quei Settanta uno sciopero della fabbrica Innocenti, quella delle automobili, con decine di miliaia di persone in piazza Duomo e Stocchi spavaldamente recitò delle poesie. Già Carmelo Bene riempiva i Palazzi dello sport con la poesia. Chiamai Stocchi dopo aver letto le sue poesie e l’ho invitato a partcipare a questo oratorio con parti solo suonate e altre cantate, o suonate e recitate.
È ovviamente un disco schierato dalla parte dei palestinesi, nel sociale e politico come si usava nei Settanta. In quella mattanza morirono 1700 persone, e nei decenni successivi altre volte i palestinesi hanno subito gravi perdite, vogliamo parlare dell’ultimo massacro a Gaza dove i morti sono oltre i 200 mila.

Ancora sul disco, un unicum nel panorama poesia e Jazz, ma c’è anche Demetrio Stratos?

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Nella maniera più naturale. Era facile allora trovarsi sullo stesso palco, perchè in quegli anni il pubblico non faceva divisioni di generi e capitava spesso che noi del jazz condividessimo il palco con gruppi rock o folk. I circuiti erano quelli alternativi o le Feste dell’Unità. C’era chi proponeva jazz e c’erano gli Area, gli Stormy Six, Ivan Della Mea e il folk. Al Festival dei circuiti alternativi che si è svolto a Cuba nel 1978 io ho partecipato come trio, insieme a Canzoniere del Lazio e Area. La “Cantata rossa…” era uscito l’anno prima.

E Demetrio come l’hai convinto?

Gli Area erano sul filone del jazz rock, come lo erano i Sofr Machine, Nucleus e Perigeo in Italia. A dire il vero, come prima idea avevo pensato a Cathy Berberian e per i brani avevo in mente come riferimento il “Pierrot Lunaire” di Schonberg. Poi ho chiamato Demetrio e una mattina siamo andati a registrare la sua parte allo studio Regson in via Ludovico il Moro, con noi c’era Paolo Tofani che lo seguiva come tecnico del suono. Un pezzo invece è stato assegnato a Concetta Busacca, una nenia in siciliano di una madre che si lamenta per il figlio morto. Concetta era istintiva e arrivata alla seconda frase piangeva, si sentiva coinvolta.

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A quei tempi il mondo dei musicisti era molto sul pezzo, era facile che Liguori, Area e Stormy Six si trovassero insieme o a distanza di giorni alle stesse feste di piazza o dell’Unità. Oggi ravviso che quei cantautori che allora si definivano impegnati stanno zitti?
È possibile che da Venditti a De Gregori non si sia sentito nulla? Me lo chiedo anch’io. Ma anche il jazz non è più sul pezzo come una volta e pure nei teatri, anche quelli legati al circuito più alternativo, non hanno mosso un dito. 

Oltre al disco vedo che hai pubblicato il libretto “Silenzio Grembo del Mistero. L’esperienza e l’insegnamento di Padre Antonio Gentili”. Di che si tratta?
Sono entrato in Conservatorio nel 1963 come studente e ne sono uscito nel 2016 da insegnante. Ho cominciato a farmi delle domande, sui famosi quesiti che si pone l’umanità, da Socrate in poi. Mi sono sempre interessato di psicanalisi e filosofia e oggi non sono lo stesso di quando avevo 25 anni.  Quando sono andato in pensione mi sono iscritto a Teologia, avevo anche intrapreso un percorso di meditazione e esercizi spirituali coi gesuiti. Ho conseguito la laurea triennale e adesso sto preparando quella magistrale. Come argomento ho scelto “La spiritualità della musica mistica del jazz”. Come sai ho scritto già vari libri e mi accingo a preparare la tesi. Insomma, mi sono sempre dedicato all’impegno civile, nei Settanta suonavo nelle fabbriche occupate, ho fatto vari viaggi in Nicaragua. Le mie soddisfazioni le ho prese, dall’Ambrogino d’Oro al Premio della critica discografica, non posso lamentarmi. Certo mancano i locali dove suonare il jazz, il Capolinea, Le Scimmie, il Tangram hanno chiuso a Milano e un ricambio non c’è stato. 

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