Ornella Vanoni è scomparsa a 91 anni nella sua casa di Milano, la città dove era nata il 22 settembre 1934. Con lei se ne va una delle voci più emblematiche della musica leggera italiana, protagonista di una carriera tra le più longeve e autorevoli del panorama nazionale. Dal debutto nel 1956, Vanoni aveva pubblicato oltre un centinaio di dischi tra album, EP e raccolte, vendendo complessivamente più di 55 milioni di copie. Un percorso segnato da interpretazioni che hanno attraversato generazioni, a partire da Senza fine, nata dal legame artistico e sentimentale con Gino Paoli nei primi anni Sessanta. Il suo timbro vocale, unico e riconoscibile, le aveva permesso di attraversare epoche e generi diversi senza perdere identità.
Dalle prime «Canzoni della Mala» alla musica d’autore, dalla bossa nova al jazz, Vanoni aveva saputo rinnovarsi costantemente. Centrale nel suo cammino è stato anche il dialogo con altri musicisti: da Toquinho a George Benson, da Herbie Hancock a Dario Fo, passando per Paolo Conte, Fabrizio De André, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Mogol, Renato Zero e Riccardo Cocciante. Numerose anche le collaborazioni con artisti delle generazioni successive, come Pacifico ed Ermal Meta, fino a Francesco Gabbani. Nel corso della carriera, aveva partecipato a otto Festival di Sanremo.
Solo pochi mesi fa, in un’intervista, Vanoni aveva confidato una riflessione che oggi suona amara: «Non voglio morire troppo tardi, voglio vivere finché do ancora qualcosa alla vita e la vita dà qualcosa a me». Con la sua scomparsa, la musica italiana perde una delle sue interpreti più eleganti e più amate.
