di Alessia de Antoniis
Il 25 e 26 novembre, alla periferia est della capitale, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne non passa solo attraverso un corteo o un convegno, ma da un palcoscenico. È quello del Teatro Tor Bella Monaca, dove la compagnia Fort Apache Cinema Teatro porta in scena “Mercoledì delle Ceneri” e cura la due giorni “Rosso Sipario. Il teatro contro la violenza di genere”: spettacoli, incontri formativi, testimonianze pensate per chi il 25 novembre vuole interrogarsi, non solo commuoversi.
Fort Apache, diretta da Valentina Esposito, è l’unica compagnia stabile italiana nata dal lavoro in carcere: attori ex detenuti e detenuti in misura alternativa, oggi professionisti di cinema e teatro. Vengono da anni di laboratorio a Rebibbia e in altri istituti, dove il teatro è diventato strumento di riabilitazione e di lavoro. Che siano proprio loro, uomini passati per la detenzione, a farsi carico sulla scena della violenza patriarcale, cambia il peso politico del 25 novembre.
Come nasce “Mercoledì delle Ceneri”
Lo spettacolo – in scena 25 e 26 novembre alle 20 – è il risultato di un lungo percorso laboratoriale avviato al Teatro Ateneo della Sapienza, all’interno di un progetto che ha coinvolto studenti universitari, attori professionisti, giovani segnalati dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Roma e il nucleo storico di Fort Apache.
«Quando comincio un lavoro non so mai qual sarà il tema finale» racconta Esposito. «Prima bisogna costruire la comunità, capire quali sono i bisogni, creare relazioni». Il tema della violenza di genere non è stato deciso a tavolino, è emerso nei cerchi di parola, portato dalle giovani attrici che hanno messo sul tavolo episodi di abusi, ricatti, violenza domestica.
La parte più delicata è stata la risposta del gruppo storico, fatto di uomini che hanno conosciuto il carcere e una cultura in cui chi commette reati contro le donne viene guardato come un “infame” dagli stessi detenuti. Accettare di interpretare stupratori, aggressori, complici di un pestaggio omofobo ha significato scavalcare quei codici. «I nostri attori hanno fatto un cambio di sguardo» sottolinea la regista, «hanno deciso di stare dalla parte delle vittime, mettendo in discussione tutta una cultura della vendetta e del possesso».
In scena ci sono sedici interpreti: un numero importante in tempi di cast ridotti, ma necessario, perché la coralità è il cuore politico del progetto. Qui non c’è il “mostro” isolato da condannare, ma una comunità che rende possibile la violenza, che la nega, la minimizza, la consuma come spettacolo.
La “pupazza” di Carnevale e i capelli strappati
L’immagine che attraversa tutto lo spettacolo è quella di un fantoccio carnevalesco: una grande figura femminile di cartapesta, prosperosa, costruita su uno scheletro, che nei carnevali del centro-sud viene portata in processione, venduta all’asta, ballata e infine bruciata, per essere ricostruita identica l’anno successivo.
Nella drammaturgia di Mercoledì delle Ceneri questa “pupazza” diventa un costume vuoto che ogni attrice può indossare. È una gabbia, un corpo disponibile su cui gli uomini proiettano desiderio, devianza, violenza. È anche il simbolo di una tradizione che oscilla fra santificazione e mercificazione del femminile: prima la “madonna” da venerare, poi il corpo da comprare, infine il rogo che ristabilisce l’ordine.
Molte scene nascono da episodi biografici condivisi in laboratorio. Una delle attrici ha raccontato un’aggressione in cui un uomo le ha strappato tutti i capelli, mandandola in ospedale. Da lì Esposito ha chiesto alle interpreti di lavorare sui capelli “come se qualcun altro li manovrasse”, fino a comporre una sequenza in cui le ciocche rosse di una ragazza morta diventano reliquie da adorare: un’immagine che tiene insieme culto del corpo femminile e violenza che lo annienta.
Il linguaggio come cura: teatro dentro e fuori le carceri
Fort Apache lavora da anni nelle carceri italiane, dove il teatro diventa soprattutto un lavoro sulla lingua. «Nelle carceri il tasso di analfabetismo è altissimo» ricorda Esposito. «Ricostruire il linguaggio significa ricostruire mappe cognitive ed emotive: la capacità di nominare l’altro, la donna, se stessi. È da lì che passa qualsiasi possibilità di cambiamento».
I dati sulla recidiva confermano l’impatto di questi percorsi: per chi non partecipa ad attività culturali il ritorno in carcere supera il 70%; per chi fa teatro la percentuale crolla al 7. Eppure l’accesso ai laboratori è spesso limitato da graduatorie interne, sovrapposizioni con altre attività trattamentali e carenza di risorse. Ancora più rari sono i percorsi pensati specificamente per chi ha commesso reati legati alla violenza di genere.
Una rete contro la violenza: scuole, quartiere, minori
“Rosso Sipario” prova a tenere insieme questi pezzi, mettendo in dialogo teatro, giustizia minorile e associazioni del territorio.
Nel pomeriggio del 25 novembre il programma parte con la proiezione in anteprima del film “L’educazione all’affettività in carcere”, realizzato con gli attori detenuti della Casa circondariale di Velletri. A seguire, la presentazione del video “È come sembra” diretto da Anna Foglietta per AssoConcerti e Fondazione Una Nessuna Centomila, punto di partenza per un confronto sul consenso con le protagoniste Sofia Iacuitto e Nicole Rossi. Chiude la giornata l’incontro “Donne e territorio. Insieme per fare la differenza” con Tiziana Ronzio, presidente dell’associazione Tor Più Bella.
Il 26 novembre si entra nel vivo del lavoro con i minori: un dialogo sul teatro contro la violenza di genere con il cast, un focus su teatro e musica come educazione ai sentimenti con Giulia Agostini e Benedetta Genisio di C.C.O. – Crisi Come Opportunità, che da oltre dieci anni portano laboratori di rap e teatro negli istituti penali minorili, e un seminario sui percorsi riparativi per gli autori di reati di violenza di genere con operatori dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni e dell’associazione European Culture and Sport Organization. Modera la giornalista di Repubblica Fiammetta Cupellaro.
«Negli ultimi anni la violenza contro la persona è esplosa anche tra i minorenni» osserva Agostini. «Capita spesso di lavorare la mattina con le ragazze vittime di violenza nelle scuole e il pomeriggio con i coetanei che quei reati li hanno commessi. Per questo è fondamentale che i linguaggi artistici parlino a entrambi».
Valentina Esposito definisce lo spettacolo «una storia di violenza popolare, di quelle che tutti conoscono e proprio per questo fingono di dimenticare». Il teatro, qui, non offre soluzioni ma esercizi di consapevolezza: chiede a chi guarda di scegliere da che parte stare e, soprattutto, di non tornare alla normalità come se nulla fosse.
Informazioni utili
Rosso Sipario – Il teatro contro la violenza di genere
25–26 novembre 2025
Teatro Tor Bella Monaca – via Bruno Cirino 5, Roma
ore 16–19: incontri formativi gratuiti e aperti alla cittadinanza
ore 20: spettacolo “Mercoledì delle Ceneri” (durata 1h30, biglietto unico 10 euro) e incontro con il cast
Il progetto è realizzato da Fort Apache Cinema Teatro con il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo ed è vincitore dell’Avviso pubblico “Roma Creativa 365. Cultura tutto l’anno” promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, Fondazione Una Nessuna Centomila, C.C.O. – Crisi Come Opportunità, Tor Più Bella e U.S.S.M. – Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Roma.
