«Dobbiamo farci delle domande, affrontare il problema». Il virologo Massimo Clementi, guardando il dato dei morti che di giorno in giorno compariva nei bollettini su Sars-CoV-2, lo diceva già in tempi non sospetti, mentre l’Italia era ancora a metà del suo cammino nell’emergenza Covid.
Oltre un anno e mezzo fa. Il nodo delle vittime del virus, spiega all’Adnkronos Salute oggi che il tema è tornato di nuovo sotto i riflettori, «nasce da lontano, da quando si rinunciò a un approfondimento delle cause di decesso nei pazienti Covid, non facendo le autopsie. Mancò completamente una strategia di approfondimento. Se questo sia stato fatto per eccesso di prudenza non lo so, non so dare una risposta. Ma sta di fatto che nel tempo è rimasta questa pigra abitudine di assegnare al Covid tutto ciò che è positivo al test e non fare una più approfondita disamina delle modalità di un decesso. La chiamo pigra abitudine perché è molto più semplice fare così», dice.
L’ultimo spunto a riaccendere il dibattito l’appello lanciato dall’infettivologo Matteo Bassetti al neoministro della Salute Orazio Schillaci, per chiedergli di intervenire su un conteggio «non veritiero». Per Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, «è chiaro che nel corso di un’epidemia ci sono situazioni che possiamo definire ibride: quando c’è il decesso di persone che hanno una patologia e che però sono infettate anche dal Covid ci si chiede: è stato il Covid a scompensarli, oppure semplicemente è un evento transitorio? Per approfondire questo aspetto, bisogna che ci siano dei riscontri. Riscontri che non ci sono stati. Per cui è stato messo tutto dentro un unico calderone che, l’abbiamo detto sempre, non era rappresentativo di niente».
Tanto è vero, continua Clementi, «che spesso si osservavano andamenti totalmente dissociati fra le ondate delle infezioni e i numeri relativi ai decessi. Quasi mai il numero andava in parallelo con quelli che erano i dati dell’epidemia. E alla domanda sul perché questa divergenza non c’è che una risposta: li contiamo male» i morti Covid. Per il virologo «andava fatta una valutazione» anche sull’eccesso di mortalità, per capire l’impatto del Covid. «Ma una valutazione veramente scientifica, non lasciata alle sensazioni. Su questo aspetto di scientifico c’è stato poco. Io però qualche risposta me la do e in tempi non sospetti ho sollevato il problema. Motivi per approfondire ce n’erano, ma gli approfondimenti non sono stati fatti», incalza.
«E’ importante che andiamo a valutare che cosa è accaduto, anche se il futuro dovesse essere roseo – aggiunge il virologo – Ancora, tra l’altro, qualche problema c’è in giro: non sappiamo se questa pandemia sarà completamente risolta, se resterà una coda, se ci saranno piccole nuove ondine, questo pur non dando eccessiva importanza alla nuova sottovariante», BQ.1, data per dominante a breve in Ue. «Ma al di là di questo – avverte Clementi – chiarire che cosa è accaduto è importante. Se noi lamentiamo tanti casi di ricoverati, tanti pazienti nelle terapie intensive e tanti morti, dobbiamo capire che cosa è accaduto: se li abbiamo curati bene e malgrado questo li abbiamo persi, oppure se abbiamo considerato decessi Covid morti che non erano per Covid. Come io penso».
Un chiarimento, conclude, «è dovuto. Poi ci sarà sempre una fascia grigia. Come quando aumenta la mortalità in corso di epidemia influenzale: c’è una quota di persone in cui non sei sicuro a cosa attribuire il decesso. Questo però è ben diverso dal dire che tutti quelli che hanno l’influenza muoiono di influenza. Non è così».
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