"Strage buonista", oltre i confini dell'osceno è arrivato il porno-pensiero
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"Strage buonista", oltre i confini dell'osceno è arrivato il porno-pensiero

Il titolo del Giornale all'ombra delle volgarità, della cattiveria e del cinismo è accaduto di tutto e di tutto sta accadendo

Il titolo de Il Giornale
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

20 Gennaio 2019 - 18.31


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Prima del rastrellamento dei valori, anche l’osceno e l’orrido avevano dei confini. Poi è arrivato il tempo del porno-pensiero, le feci si sono insediate nella scatola cranica e nei ventricoli del cuore.
E’ stato così che si è arrivati alla ignobile e impensabile sequenza di cose fatte, dette e scritte. Elencarle tutte, impossibile e stomachevole.
Ne ricordiamo solo un paio, delle ultime ore: da “Apriamo i cuori ma chiudiamo i porti”, detto da chi merita una nuova edizione di Norimberga per l’Olocausto del nostro tempo, a “Strage buonista”, titolo di un giornale che Il Giornale pretende di chiamarsi.
All’ombra delle volgarità, della cattiveria e del cinismo è accaduto di tutto e di tutto sta accadendo. Un giorno, se questo Paese ci sarà ancora, sarà interessante la ricostruzione degli storici di questi nostri giorni, e lo studio che di certi personaggi faranno i ricercatori di quelle branche della medicina che si occupano delle turbe della psiche e della personalità.
Nell’attesa, è arrivato il tempo di alzare una paratia allo tsunami di melma che rischia di sommergerci, di fare annegare la nostra civiltà di soffocare emozioni e sentimenti, etichettandoli come varianti della peste. I porti devono accogliere, le nostre navi devono raggiungere uomini, donne e bambini che stanno morendo.
In questa sorta di discesa agli inferi che siamo costretti a vivere, il Capo dello Stato si è caricato sulle spalle un peso enorme. Costituzione alla mano, forte della Costituzione, mai deragliando dai principi costituzionali fondamento della nostra democrazia, c’è, ed è un punto fermo. E sfogliando la Costituzione, (ri)leggiamo che tra le prerogative del Capo dello Stato, c’è il comando delle Forze Armate.
Anche di quelle che vanno per mare e che in tempo di pace hanno l’alto compito di strappare alla morte chi sta morendo. Lo vogliono le nostre leggi, quelle internazionali, quella antica e non scritta del mare.
Ebbene, non possiamo non appellarci al comandante supremo delle Forze Armate, al Capo dello Stato. Senza i mascheramenti abusati dal ministro dell’Interno, ma dentro i suoi rigorosi panni di vecchio uomo di legge e saggio rappresentante della massima istituzione, il Presidente della Repubblica intervenga perché l’Italia, culla del diritto, si metta alla testa di un nuovo fronte a tutela del diritto di vivere.

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