Amo la Rai: per questo la vorrei più libera e senza marchette

Vari amici e colleghi mi hanno rimproverato per i miei giudizi, ritenuti troppo severi, sulla nuova Rai. Personalmente non mi sento colpevole soprattutto perché l’intenzione è stata ed è quella si scuoterla dall’eccessiva dipendenza da Palazzo Chigi

Amo la Rai: per questo la vorrei più libera e senza marchette
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Nuccio Fava Modifica articolo

7 Gennaio 2024 - 21.37


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Amo la Rai da sempre la vorrei però più responsabile, più libera, al servizio di tutto il paese per il suo sviluppo culturale, civile, e sociale. E anche senza marchette.

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Vari amici e colleghi mi hanno rimproverato per i miei giudizi, ritenuti troppo severi, sulla nuova Rai. Personalmente non mi sento colpevole soprattutto perché l’intenzione è stata ed è quella si scuoterla dall’eccessiva dipendenza da Palazzo Chigi e da un orientamento sfacciatamente di centro destra.

Addirittura, in non poche manifestazioni più smaccatamente filo governative delle Tv così dette commerciali che finiranno per sottrarre spettatori alla Rai rendendo quasi impossibile una sana ed utile concorrenza. Tutto questo sarebbe un grave danno non solo per la Rai ma cosa davvero più grave, per l’Italia tutta in tutte le sue diverse componenti, specie giovanili e più bisognose di qualità, serietà e indipendenza nei diversi ambiti della comunicazione radiotelevisiva.

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E’ davvero grave, che in una situazione così drammatica del contesto internazionale, si rischia di rendere più efficace e più compiuto l’apporto delle emittenti private, in particolare Sky e La7 superate forse soltanto nelle programmazioni notturne e all’alba. Se poi un grosso problema dell’eccesso di pubblicità e del meccanismo perverso di togliere la parola brutalmente a un invitato o un’ospite di qualsivoglia trasmissione. Eppure tutti si chiedono perché accada questa orribile abitudine, per una emittente pubblica che gode di un canone e di un contributo commerciale – pubblicitario che ormai invade anche l’inizio dei telegiornali, con un “cappello” spesso artificioso e chiaramente consentito per accaparrare finanziamenti.

Si tratta di un metodo che andrebbe al più presto superato, al limite, con l’aumento del canone senza però inquinare il prodotto e le impostazioni radiotelevisivo e non disturbare comunque la visione e l’ascolto. Su questo aspetto non facile andrebbe interpellato con energia il governo e tutte le forze politico-parlamentari e magari anche le componenti sociali e culturali della società. Ma si dovrebbe senz’altro intervenire rapidamente, tenendo anche conto dello spazio che necessariamente occuperanno le trasmissioni politico-elettorali sia per le elezioni europee sia per quelle regionali e amministrative. Tutte considerazioni, mi pare, che non hanno vizi di strumentalità e – o parzialità.

Insomma, tutta la Rai e le sue diverse componenti con orientamenti anche differenziati e diversi, dovrebbero convenire e operare con analogo metodo di lavoro perché sarebbe un risultato positivo nell’interesse di tutti.

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