Di Daniela Grossi
Questo è l’ultimo atto (last but not the least) di un’ondata di entusiasmo e voglia di partecipazione degli italiani, nata dal desiderio di dimostrare che la gente, quella che vive fuori dai Palazzi, è stufa di chi dietro alla parola “governo” nasconde i più biechi interessi personali; a partire dal primo NoBday, passando per il “Se non ora quando”, arrivando alle elezioni amministrative e al referendum.
I movimenti nati dall’iniziativa di semplici cittadini, favoriti nella comunicazione dalla Rete, hanno trovato sostegno, via via con il passar del tempo, in partiti che hanno capito che solo alleandosi con i primi potevano riuscire a dare una spallata a chi considera il popolo solo come fruitore di beni di consumo, a partire da insulsi programmi tv (in cui ricomprendo, purtroppo, anche i tg della rete di Stato, specie il TG1).
Ora è il momento che chi deve assumersi le proprie responsabilità lo faccia e fino in fondo.
E a noi, gente comune, resta raccogliere un Paese che va ricostruito dalle sue fondamenta, soprattutto a livello culturale e psicologico.
Spiegare ai nostri figli (soprattutto chi, come me, ha figlie) che non si diventa qualcuno se si ha la (s)fortuna di incappare in un laido viscido ricco di tarda età, che ti ricopre di danaro e magari ti fa diventare consigliere in qualche regione purchè tu sia carina con lui, finchè tu sarai carina con lui.
E spiegare a certi genitori che essere felici per questo è sbagliato e non conduce da nessuna parte, se non nella perdita della propria dignità di esseri umani.
E’ a questo che pensavo tanto tempo fa, quando scrissi che a questo Paese, una volta usciti dal berlusconismo, servirà un esercito di psicologi, come quando dopo i grandi disastri, per rimettere in sesto la psiche plagiata di intere generazioni.
Ma uno scatto di orgoglio c’è stato e quindi c’è di che sperare.
Argomenti: silvio berlusconi