Roma brucia. Colonne di fumo nero si alzano da piazza San Giovanni, una statua della madonna viene gettata per strada, centinaia di persone ferite, i violenti là fanno da padroni per ore, i danni sono incredibili, lo shock totale. Ma lui non fa cenno a quanto sta accadendo a così poca distanza. Di lì a poco, domenica mattina, Benedetto XVI torna a parlare. Entra nella Basilica di San Pietro e durante una lunga omelia annuncia per il prossimo anno, cinquantesimo del Concilio Vaticano II, l’Anno della Fede. Ma ancora una volta di Roma, che è al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni di tutto il mondo, non dice una parola. Arrivano le dodici, la preghiera dell’Angelus, e il papa parla per la terza volta. E per la terza volta non dice una parola su Roma.
Vaticano lontano. Semplicemente nulla. Un dato di fatto che diviene ancor più eclatante quando prende la parola l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, e di che parla? Parla di Roma. Qualcuno in Vaticano deve essersi accorto che le cose così proprio non vanno e si è precipitato a chiamare il cardinale Vallini, vicario del papa per la città di Roma, invitandolo a chiamare giornalisti, agenzie, radio, tv. Esternare insomma. E la cosa diviene, per noi, ancora più assurda. Tanto che ci è parso normale domandarci: ma Joseph Ratzinger è ancora il vescovo di Roma?
