Il giudice che condannò Eternit: il tempo mi darà ragione
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Il giudice che condannò Eternit: il tempo mi darà ragione

Parla Alberto Oggè, il presidente della Corte di Torino che aveva dato 18 anni di prigione al magnate Stephan Schmidheiny, che adesso non andrà più in carcere

Il giudice che condannò Eternit: il tempo mi darà ragione
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21 Novembre 2014 - 10.19


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“Non voglio entrare in polemica con la Cassazione. Ma sono convinto che la sentenza da noi emessa in appello, tra qualche anno non solo sarà ritenuta giusta, ma anche giuridicamente corretta. Forse abbiamo solo precorso i tempi”. Sono le parole di Alberto Oggè, presidente della Corte che aveva emesso il verdetto d’appello sulla vicenda Eternit: ”Per capire la decisione bisognerà leggere le motivazioni, ma presumibilmente la Corte ha ritenuto che l’evento si fosse materializzato ed esaurito quando ha cessato di operare la causa dell’ inquinamento”, osserva Oggè, oggi in pensione. ”La verità è che le regole sono fatte per i casi facili, non per quelli difficili. In questi bisogna applicare i principi, tra i quali il primo è quello della dignità dell’uomo”.

In appello ”abbiamo ritenuto che il reato di disastro ambientale non fosse prescritto per il solo fatto che le fabbriche in cui si lavorava il cemento-amianto avessero chiuso nel 1986, alcune anche poco prima. Gli effetti mortali non si sono conclusi allora: le malattie come l’asbesto e il mesotelioma hanno un decorso molto lungo, non si può pensare che gli effetti si siano esauriti in allora”, dice Oggè. ”Al contrario, il picco di mortalità non è ancora stato raggiunto, o siamo prossimi a raggiungerlo. Non ha senso parlare di un evento esaurito, perché si tratta di un reato a consumazione prolungata”, sottolinea il giudice spiegando che la sentenza era basata ”sull’epidemiologia”.

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