Vaticano: l'Europa ricca ed egoista si svegli

Il presidente del dicastero vaticano dei Migranti: il Mediterraneo è una tomba, siamo tutti coinvolti. Non serve distruggere i barconi, ma colpire gli scafisti. <br>

Vaticano: l'Europa ricca ed egoista si svegli
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22 Aprile 2015 - 14.55


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Il dramma dei migranti riguarda tutti, “distruggere i barconi non è una soluzione. Gli immigrati scapperebbero comunque da persecuzioni e violenze. Svegliamoci”. Il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, ha lanciato un appello all’Ue, alla vigilia del Consiglio straordinario europeo dopo la nuova strage di migranti, e ha invocato “punizioni esemplari” per gli scafisti, “trafficanti di uomini, criminalità da stroncare”.

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Il cardinale che presiede il dicastero vaticano che si occupa dei temi legati all’immigrazione ha fermato l’attenzione sul vertice di domani, “il nostro scopo è quello di sensibilizzare, educare alla solidarietà, all’accoglienza. I migranti non sono lo ‘scarto’ della società. Che identità abbiamo se li consideriamo alla stregua di rifiuti? L’Europa tutta deve riflettere”.

Il porporato si è fatto un’idea di quello che “tutti i 28 Paesi europei” potrebbero fare, in concreto: “l’Europa ha i suoi problemi ma penso, ad esempio, che se ognuno si facesse carico di 20 mila persone, e non parlo di cifre esagerate, si arginerebbe un fenomeno dai contorni più che gravi”.

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Da parte dell’Europa, ha ammonito il card. Vegliò, è venuto il momento di una presa d’atto: “l’Europa si deve svegliare. L’Europa tutta, e non mi riferisco soltanto a Germania e Francia, l’Europa fatta di 28 Paesi si deve muovere concretamente. Mi auguro e spero, e mi auguro che davvero non resti una speranza, che l’Europa ricca ed egoista si faccia carico di quello che è un problema che interpella tutti”.

Quanto alle misure da adottare, si è parlato di distruggere i barconi prima che partano. Vegliò, in proposito, esprime la sua netta contrarietà. “Distruggere i barconi – dice senza mezzi termini – non risolve il problema di questi disperati che fuggono da persecuzioni e violenze di ogni genere”.

Il punto è, che “troppo spesso su temi così importanti si parla per cattiveria ma anche per ignoranza. Però, Dio mio, come si fa a dire a questi disperati ‘toglietevi di torno e non disturbate’. Un povero migrante lascia tutto ciò che ha di più caro per vedere qualcosa di meglio. Dove è finita la nostra identità cristiana, l’apertura d’animo? Troppo spesso dimentichiamo la nostra storia”. “Non dimentichiamo che loro fuggono comunque. Scappano anche se sanno che possono morire. Ma preferiscono scappare, mettendo in conto tutto pur di sfuggire alle persecuzioni”. Le immagini drammatiche dei migranti annegati in mare hanno fatto venire in mente al cardinale Vegliò le immagini dell’11 settembre. “Nessuno di noi dimenticherà mai l’immagine delle Torri gemelle che crollavano e la gente disperata, avvolta dalle fiamme, che si buttava dal centesimo piano. Un gesto estremo, disperato, come dettato da un istinto di sopravvivenza”.

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Sui trafficanti di uomini, il porporato ha detto “pene esemplari”. “Questa criminalità che lucra sulle vite umane va stroncata, distrutta”. Rileva con amarezza Vegliò che il Mediterraneo è “diventato una tomba. In quanti dovranno ancora morire? Fermiamo questa statistica impazzita. Ricordiamo i continui moniti del Papa che ci invita ogni volta a guardare a questa gente disperata con esempio cristiano”. A questo proposito il cardinale ritorna al vertice europeo di domani. Al di là delle riflessioni politiche che verranno fatte, il porporato parla come uomo di Chiesa. “La riflessione che dovrebbero fare tutti quanti – dice Vegliò – è questa: ‘che merito ho di vivere in un Paese con tutte le comodità e che demerito hanno loro di abitare in Paesi in cui sono sottoposti a persecuzioni?'”.

Vegliò ha chiuso con un ricordo della sua esperienza in Senegal da nunzio apostolico. “Ogni giorno – racconta – c’era un uomo che, al mio arrivo, mi veniva incontro. Mi prendeva la valigia per avere in cambio un po’ di soldi. Mi raccontò che aveva provato diciotto volte ad arrivare in Italia e ogni volta era stato respinto. ‘Ma io riproverò ancora’, diceva ogni volta”.

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