Nel giallo dei camici anti-Covid: "diffuso coinvolgimento di Attilio Fontana"
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Nel giallo dei camici anti-Covid: "diffuso coinvolgimento di Attilio Fontana"

Nella richiesta di consegna dei cellulare alle persone coinvolte nell'inchiesta i pm di Milano parlano della volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti".

Salvini e Fontana
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25 Settembre 2020 - 08.59


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Nella richiesta di consegna dei cellulare alle persone coinvolte nell’inchiesta sui camici, i pm di Milano parlano di “diffuso coinvolgimento di Attilio Fontana in ordine alle vicende relative ai camici e alle mascherine, accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti”.
Tra questi, quello del 16 aprile 2020 delle 15 e 22 in cui il cognato Andrea Dini “informa la sorella Roberta circa l’ordine dei camici da parte di Regione Lombardia: ‘Ordine camici arrivato. Ho preferito non scriverlo ad Atti’. E lei gli risponde: “Giusto, bene cosi'”. Al centro dell’indagine c’e’ la fornitura alla società Dama spa, società di Dini, di 75mila camici e altri dispositivi di protezione anti Covid.


Dall’analisi delle chat e dei messaggi contenuti nel telefono sequestrato ad Andrea Dini, l’amministratore delegato della Dama Spa e cognato del Governatore della Lombardia Attilio Fontana, emerge l'”intervento” del Presidente della Lombardia “nell’imporre la conversione della commessa in donazione”. E’ un passaggio della richiesta di consegna dei cellulari, in vista della copia forense di conversazioni ‘mirate’, firmata dai pm della procura di Milano che indagano sul caso ‘camici’. Con particolare riferimento a questa ipotesi, i magistrati scrivono che “si tratta di una circostanza che si ricava” anche da una conversazione del 25 maggio scorso tra Dini e sua sorella Roberta, nonché moglie del Presidente, sul tema del tentato bonifico alla Dama spa di 250 mila euro, bloccato dall’antiriclaggio di Banca d’Italia, per risarcire il cognato del mancato introito di 50 mila camici donati ad Aria Spa, Bonifico che, per via della segnalazione alla Gdf di tale operazione ‘sospetta’, ha dato il via all’indagine. Alle 18.48 di quella sera Andrea Dini e la sorella si scambiano una serie di messaggi. Roberta scrive: “Mi chiama Attilio (…) per chiedermi numero fattura perché ti ha fatto bonifico ma manca il numero della fattura”. Il fratello le risponde: “Non va bene un bonifico tra privati. Digli di non farlo più. Fa più danni”. “Se chiami ti spiego”. Poco meno di venti minuti dopo la moglie del Governatore scrive ancora: “Esatto è ovvio”- “Spero non l’abbia già fatto” e poco dopo aggiunge: “Andrea… ma come fa a sapere tue coordinate poi?”. Lui replica: “Non ho idea a me non le ha chieste. E la banca non le può dare”.
Roberta Dini invia poi al fratello sei messaggi per dire che scriverà al dipendente dell’Unione Fiduciaria per invitarlo “a tenere per ora in stand by il bonifico grazie – Aspetto stasera cerco di capire”. La conversazione via chat va avanti e si conclude con Andrea Dini che dice: “Mette l’azienda nei casini. Calma e vedremo”.
L’atto notificato
Andrea e Roberta Dini, cognato e moglie del governatore lombardo Attilio Fontana, avrebbero voluto “recuperare i camici consegnati in data 16 maggio anche per il tramite del tentativo di coinvolgimento di Fontana”, scrive la Procura di Milano nell’atto notificato oggi per richiedere la consegna dei cellulari di alcuni indagati e non nell’inchiesta sul ‘caso camici’. In uno scambio di messaggi tra Andrea Dini e la sorella il primo scrive: “Stamattina consegnati 6000 camici. Almeno quelli possono essere resi”. La sorella scrive: “Attilio ora a Milano”. E ancora lei: “Ti devi imporre”. Sempre Roberta Dini: “Lunedi’ si recupera tutto quello che si puo'”. Per i pm Roberta Dini “si confrontava regolarmente con il fratello e gli metteva a disposizione la sua rete di contatti”. Fu lei, si legge ancora, ad avere “notiziato del bonifico di 250mila euro disposto dal marito” a “ristoro dei costi sostenuti per la fornitura di camici sino a quel momento consegnati”. La moglie del governatore si “consultava con il fratello anche in relazione alla linea mediatica da seguire” con i giornalisti di Report, che si erano interessati al caso. Pur non avendo “un potere decisionale” nella societa’ Dama, di cui e’ titolare il fratello, Roberta Dini “era ben a conoscenza delle dinamiche interne alla presente vicenda”, anche per la sua “posizione” dovuta ai “legami di parentela”. Tra l’altro, nell’atto la Procura segnala anche che i camici che vennero consegnati ad Aria, la centrale acquisti regionale, “erano stati realizzati con tessuto che non aveva ancora ottenuto la certificazione”.
Il coinvolgimento dell’assessore Cattaneo
L’assessore lombardo Raffaele Cattaneo, non indagato, avrebbe svolto “un ruolo di intermediazione” per il “reperimento nell’interesse di Dini”, cognato del governatore Attilio Fontana, “dei tessuti da utilizzare per il confezionamento dei camici, anche mediante interventi operati sui fornitori di tessuti” per consentire allo stesso Andrea Dini, patron della Dama, “di poter disporre di adeguate quantita’ di materia prima”, scrivono i pm di Milano. La Procura evidenzia anche “il protagonistico ruolo di Cattaneo nel controllare l’esito positivo dell’affidamento della commessa a Dama” da parte di Aria, la centrale acquisti regionale. E sarebbe stato lui, scrivono i pm, ad anticipare “a Dini il relativo buon esito” dell’affidamento.
I messaggi
“Buongiorno, non capisco. E’ stato Cattaneo e mio cognato il governatore Fontana a dirmi di contattarLa. Dirò che si sono sbagliati”.

E’ il messaggio che Andrea Dini, ad della Dama Spa e cognato del Presidente della Lombardia, invia lo scorso 6 aprile al rappresentante legale di una azienda produttrice di tessuto per confezionare camici, per “esprimere il suo disappunto” per aver saputo dell’impossibilita’ della ditta di rifornirlo del materiale di cui i due avevano parlato al telefono qualche giorno prima. Da tale messaggio e dalla testimonianza del rappresentante della stessa azienda tessile, come si legge nella richiesta di consegna di cellulari della Procura di Milano, emerge come l’assessore Raffaele Cattaneo sia intervenuto per aiutare Dini a recuperare i tessuto utile. Inoltre, in base all’analisi delle chat e dei messaggi trovati nel cellulare del patron della Dama, sequestrato nei mesi scorsi, per i pm “è indiscutibile che anche Cattaneo fosse a conoscenza dell’evolversi della vicenda, quanto meno nella fase genetica”.

In più nell’atto si osserva che Roberta Dini, sorella di Andrea e mogie di Fontana (che ha il 10 per cento delle azioni di Dama) aveva rapporti di frequentazione con la moglie di Cattaneo. Tant’è, come scrive lei stessa in un messaggio al fratello. l’ha avvisata “che vuoi dare una mano. Lei dice che lui (Cattaneo, ndr) sa il tessuto”.
Le incongruenze
per i pm ci sono “incongruenze” nel confronto tra i verbali resi dall’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni, indagato nel ‘caso camici’, e Giulia Martinelli, non indagata e capo della segreteria del presidente della Lombardia Attilio Fontana. Lo scrivono in un atto dell’indagine, chiarendo che con le analisi dei contenuti dei telefoni, che si sono fatti consegnare oggi, punteranno anche “a vagliare documentalmente la credibilità” dei due. Nell’atto i pm mettono a confronto i due verbali in alcuni passaggi e poi sintetizzano che Bongiovanni, rispetto a Martinelli, avrebbe omesso di “riferire in merito all’incontro con il Presidente Fontana tenutosi il 12 maggio 2020” sulla vicenda Dama. Il giorno prima, stando al suo verbale, Bongiovanni avrebbe parlato a Martinelli della “possibilità dell’esistenza di un legame tra Dama”, la società’ di Andrea Dini, “e il presidente Fontana”. Per Martinelli il governatore e Bongiovanni si sarebbero incontrati il giorno dopo “per ricostruire cosa fosse accaduto in merito alla fornitura”. Poi interrotta e trasformata in donazione. Martinelli ha ricordato a verbale anche il suo colloquio con Fontana dell’11 maggio sulla fornitura di Dama, l’azienda del cognato: “Lui mi chiese ‘ma non e’ una donazione?’. Ed io risposi ‘no’ (…) Ebbe una reazione attonita. Rimase in silenzio per un paio di minuti, poi mi disse ‘mia moglie ha il 10% di questa società’. Prese le sue cose e se ne ando'”. A detta dei pm, ci fu “un’accortezza finalizzata a non lasciare tracce scritte tra Andrea Dini e Attilio Fontana in merito alla vicenda Dama”. Una vicenda in cui, sempre secondo la Procura, c’e’ stato anche il “coinvolgimento” dell’assessore Davide Caparini (non indagato) sia nella “fase genetica dell’affidamento della commessa” sia nella “trasformazione in donazione”.

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