Gli Italiani sono 59,25 milioni. In un anno è sparita una città come Firenze.
Il minimo storico dei decessi dall’Unità d’Italia, il massimo dei decessi dal Secondo Dopoguerra. Un divario simile non si registrava dal 1918 ed è come se fosse scomparsa una città come Firenze. È l’Italia del 2020 fotografata dall’Istat.
Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015. Al 31 dicembre 2020, la popolazione residente in Italia ammonta a 59.257.566 unità, 383.922 in meno rispetto all’inizio dell’anno (-0,6%). Alle conseguenze dirette del virus dovute ai decessi – spiega l’Istat – si sono aggiunte le ripercussioni che le misure, volte a contenere la diffusione dei contagi, hanno prodotto sulla vita delle persone (restrizioni di movimento, interruzione totale o parziale di attività lavorative, limitazione nel numero di partecipanti alle cerimonie).
L’Italia è stata tra i primi Paesi dell’Unione europea in cui la presenza del Covid-19 si è manifestata. La diffusione dell’epidemia è stata caratterizzata da tre fasi: il periodo da fine febbraio a fine maggio (prima ondata), contraddistinto da una rapidissima ascesa dei contagi e dei decessi, entrambi concentrati soprattutto nel Nord del Paese; una transizione (da giugno a settembre) con un rallentamento dei contagi per effetto delle misure di contenimento su scala nazionale adottate nella primavera (lockdown); una seconda ondata epidemica, a partire dalla fine di settembre 2020, con una drammatica riacutizzazione dei casi e un incremento dei decessi su tutto il territorio nazionale.
Il bilancio demografico più drammatico dal 1918. Il nuovo record di poche nascite (404 mila) e l’elevato numero di decessi (746 mila), mai sperimentati dal secondo dopoguerra, aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese. Il deficit di “sostituzione naturale” tra nati e morti (saldo naturale) nel 2020 raggiunge -342 mila unità, valore inferiore, dall’Unità d’Italia, solo a quello record del 1918 (-648 mila), quando l’epidemia di “spagnola” contribuì a determinare quasi la metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quell’anno.
L’impatto che l’aumento dei decessi dovuti all’epidemia ha avuto sulla dinamica naturale, soprattutto nella prima e nella seconda ondata (in cui si sono registrati i saldi naturali di -117 mila e -114 mila unità), insieme alla tendenziale diminuzione delle nascite, ha contribuito a determinare nel 2020 una perdita di 127 mila unità in più rispetto al saldo naturale del 2019 (quasi il 60% in più). Il deficit dovuto alla dinamica naturale – spiega l’Istat – è riscontrabile in tutte le regioni, perfino nella provincia autonoma di Bolzano (-313 unità), che negli ultimi anni si è caratterizzata per il suo trend positivo in termini di capacità di crescita naturale grazie a una natalità più alta della media. Il tasso di crescita naturale, pari a -5,8 per mille a livello nazionale, varia dal -0,6 per mille di Bolzano al -11,3 per mille della Liguria. Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il saldo naturale (oltre il 4 per mille in meno rispetto al 2019) sono la Valle d’Aosta (-8,6 per mille) e la Lombardia (-6,7 per mille); solo la Calabria (-3,9 per mille) si assesta su valori simili a quelli del 2019.
Più accentuato il calo nel nord-ovest. Più accentuato il calo di popolazione
al Nord-ovest per l’impatto del Covid. “La perdita di popolazione del Nord, soprattutto nella prima ondata – afferma l’Istat – appare in tutta la sua drammatica portata”. Se nel 2019 il deficit di popolazione era stato piuttosto contenuto sia nel Nord-ovest che nel Nord-est (rispettivamente -0,06% e -0,01%), nel corso del 2020 il Nord-ovest registra una perdita dello 0,7% e il Nord-est dello 0,4%. Il Centro vede raddoppiare in termini percentuali il deficit di popolazione (da -0,3% del 2019 a -0,6% del 2020) mentre il Sud e le Isole, più colpite nella seconda ondata (da metà settembre), subiscono una perdita dello 0,7%, simile a quella del 2019, per effetto della tendenza allo spopolamento già in atto da diversi anni.
Lombardia ed Emilia Romagna registrano una inversione di tendenza in termini di variazione di popolazione, passando da un incremento nel 2019 (rispettivamente +0,2% e +0,1%) a un deficit nell’anno successivo rispettivamente di -0,6% e -0,4%. Anche la provincia autonoma di Bolzano, tradizionalmente caratterizzata da incrementi di popolazione, vede ridurre il saldo totale percentuale (dal +0,4% del 2019 al +0,2% del 2020). All’opposto le regioni del Mezzogiorno, anche quelle con il primato di saldo totale negativo (Molise -1,3% e Basilicata -1,0%), hanno perdite percentuali più contenute rispetto al 2019. L’impatto differenziale dell’epidemia sulla mortalità (maggiore al Nord rispetto al Mezzogiorno) e la contrazione dei trasferimenti di residenza- sottolinea l’Istat – spiegano queste differenze geografiche”.
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