Ocean Viking accusa Meloni: "Assegnare il porto di Ancona è una sofferenza inutile per i naufraghi"
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Ocean Viking accusa Meloni: "Assegnare il porto di Ancona è una sofferenza inutile per i naufraghi"

Luisa Albera, capo missione della Ocean Viking critica la decisione totalmente strumentale del governo Meloni di assegnare porti lontani pur di intralciare le attività delle Ong

Ocean Viking accusa Meloni: "Assegnare il porto di Ancona è una sofferenza inutile per i naufraghi"
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9 Gennaio 2023 - 12.25


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Migranti, la strategia del duo Piantedosi-Meloni, viste le migliaia di sbarchi autonomi e la buffonata propagandistica del blocco navale è quella di usare le Ong come capro espiatorio e usare i muscoli per accontentare la pancia xenofoba del paese.

«L’assegnazione di Ancona come porto sicuro significa infliggere una sofferenza inutile a naufraghi che hanno rischiato di morire solo qualche giorno fa. Si poteva evitare questo lungo tragitto, anche perché a bordo abbiamo solo 37 persone, che possono essere gestite agilmente da qualsiasi Comune, soprattutto per quelli più vicini e abituati a ben altre cifre».

Così Luisa Albera, capo missione della Ocean Viking. Dalle 11,30 di lunedì (oggi, ndr) la traversata sarà difficile. Le persone soccorse, debilitate e non abituate a stare in mare, ne soffriranno le conseguenze. Meteo a parte, il problema è la distanza. Sono 850 miglia. Per raggiungere Ravenna ne abbiamo dovute percorrere 900. Non stiamo parlando di una macchina, un treno o un bus. Ocean Viking naviga a una media di 9 nodi, che sono 18 chilometri all’ora. Significa giorni di navigazione. Il nuovo decreto mira chiaramente a colpire le navi umanitarie che fanno soccorso nel Mediterraneo centrale.

Un porto sicuro così lontano significa che l’obiettivo è renderle non operative. È giusto darlo il prima possibile, ma raggiungibile in 24, massimo 48 ore. Allontanando le Ong dall’area, viene a mancare sia il soccorso, sia la testimonianza di quello che accade”.

Con che animo si accetta un porto dopo un unico intervento? «È una decisione pesante. Prima di andare a Nord abbiamo verificato che non ci fossero casi aperti. Quando eravamo ormai lontani, siamo venuti a conoscenza di decine di persone che stavano chiedendo aiuto. So solo che se ci avessero permesso di restare lì avremmo potuto salvare altre vite».

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