Berlusconi rovescia la lezione di Gramsci e Calamandrei
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Berlusconi rovescia la lezione di Gramsci e Calamandrei

Le riflessioni sulla scuola di Gramsci e Calamandrei sono più attuali che mai. Ma il nostro governo le smonta

Berlusconi rovescia la lezione di Gramsci e Calamandrei
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11 Maggio 2011 - 15.34


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di Luisella Costamagna

Scuole pubbliche e scuole private. Ciclicamente se ne torna a parlare, con affondi sempre più scomposti. Gli ultimi sono stati i tagli della riforma Gelmini e gli “illuminati” commenti del presidente del Consiglio: “La scuola pubblica inculca valori contrari a quelli delle famiglie”. E fa una certa impressione rileggere quanto scrisse nel 1950 uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei: “Facciamo l’ipotesi che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione.
Non vuol fare la marcia su Roma; ma vuol istituire una larvata dittatura. Allora, che cosa fa per impadronirsi delle scuole? Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, a impoverirle. E comincia a favorire le scuole private. E allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare in queste scuole, perché in fondo sono migliori – si dice – di quelle di Stato”. Incredibile, no?

Ancora prima – nell’aprile del 1917 – sentite cosa scrisse delle scuole private Antonio Gramsci: “I clericali parlano spesso e volentieri di libertà della scuola. Ma non si ingannino i lettori. (…) È questa formula, Per la Libertà della Scuola, una bellissima bandiera che copre una lucrosissima speculazione economica e di setta. Le scuole private clericali sono floridissime in Italia. Nessuna legge ne inceppa lo sviluppo e la libera esplicazione. Esse possono fare la concorrenza che vogliono alla scuola di Stato. (…) Lo Stato tiene il cartello per la merce ‘titolo’. Insomma, è sempre disposto a comprare titoli di studio, ma pretende che siano stati emessi da uno dei suoi istituti accreditati. (…)
I clericali vorrebbero vendere allo Stato quanto più merce avariata possono. Vorrebbero conquistare una libertà che sarebbe solo un privilegio per loro, un privilegio per gli studenti che frequentano le loro scuole, a danno della collettività. Non si accontentano di battere moneta che, passando attraverso il controllo degli enti statali, è riconosciuta di corso legale; vorrebbero anche battere moneta falsa, molta moneta falsa, e hanno la pretesa che lo Stato dia anche a essa corso legale, la accrediti presso le amministrazioni che hanno tuttora la mania di scontare solo valori di Stato. Questa speculazione losca di baratteria i clericali la chiamano Libertà della Scuola”.

Parole nette, lucide per indicare un interesse che ci trasciniamo dietro da allora. E che oggi – con lo screditamento e lo smantellamento della scuola pubblica, l’affermazione in molte regioni di buoni-scuola per le scuole private… – si sta decisamente affermando. Dicevo che fa una certa impressione leggere le riflessioni passate di storici, intellettuali, politici, padri costituenti e scoprire che sono di una sconvolgente attualità. Sempre Gramsci scrive nel ’17 a proposito della magistratura: “L’indipendenza del potere giudiziario è stata una delle più grandi garanzie di giustizia che l’uomo moderno sia riuscito a realizzare.
In Francia, in Inghilterra, in Germania, negli Stati Uniti, non in Italia. Lo Statuto del Regno d’Italia subordina l’ordine giudiziario al potere esecutivo, ma tuttavia entro certi limiti. Interprete della legge rimane sempre il magistrato; egli solo può e deve giudicare se un cittadino ha violato la legge (…). Neanche in Italia i farisei, i pubblicani, la piazza possono imporre alla magistratura una linea di condotta diversa da quella fissata dalla legge. Eppure cercano di farlo”.
Allora come oggi. Ma perché del passato – invece di far tesoro della sua saggezza – realizziamo gli incubi?

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