Elezioni, la festa di Milano

Una piazza unita per cambiare la città. Una piazza gremita di gente con tanta voglia di parlare della città e del futuro.

Piazza Duomo in festa
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1 Giugno 2011 - 10.15


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di Virginia Invernizzi

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Piazza gremita di gente comune, che ha voglia di parlare della città, di come cambiarla, piazza unita per e non contro. Nessuno slogan menziona nemici, al massimo quello che non si vuole essere come quando si saltella all’urlo di “chi non salta Berlusconi è”.

Piazza festante, come d’altronde quelle precedenti dove ci si era voluti riunire per far vedere la gioia del cambiamento possibile quando ancora c’era da festeggiare solo questo: l’inizio di una visione comune per cambiare la città in cui ognuno s’era messo in gioco.

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Si è cominciato in piazza Duca D’Aosta col primo grande concerto pro Pisapia, ragazzi riuniti per ascoltare della buona musica e dei messaggi d’impegno. E sorprendeva vedere una piazza gremita da giovani scatenarsi in boati quando dal palco un cantante dei Ministri evocava solidarietà per i barboni, scacciati da quella stessa piazza con gli idranti.

O salutare con gioia l’intervento di Don Gallo, prete partigiano, che invocava la partenza, dalla limitrofa stazione centrale, del treno dei diritti e richiamava i ventenni in piazza al testo più antico della nostra repubblica: la costituzione. Si è visto che i contenuti non sono noiosi, ma aprono la mente, suscitano idee e l’allegria propria di chi vede un orizzonte da poter esplorare.

Si era visto nel primo concerto prima del voto, con Vecchioni che cantava “chiamami ancora Milano” ed evocava la fine della notte perché riempita, da noi, da qui, di pensieri e di parole. E di pensieri e parole è stata riempita questa campagna elettorale cominciata con primarie (strumento ormai imprescindibile) vere e per questo sorprendenti. Campagna elettorale che una parte ha voluto trasformare in uno scontro su vecchie storie (per lo più raccontate senza attenersi ai fatti) e vecchie paure e l’altra ha usato per parlare della città che voleva, per far vedere una politica diversa fatta del contributo di tanti, di tutti, ciascuno secondo le sue possibilità.

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Si è visto nelle migliaia in piazza Duomo sotto la pioggia e gli arcobaleni per il concerto di venerdì. Ciascuno ha partecipato in modo diverso: chi organizzando gazebo, chi organizzando incontri, chi distribuendo volantini, chi creando campagne e tormentoni su Fb e su youtube. Ciascuno ha sentito che il suo contributo, per quanto piccolo fosse , era determinante ed aveva il potere di cambiare la città e, cambiando la percezione della sua influenza sugli eventi, ha cambiato il suo atteggiamento, gli eventi e la città.

Si è saputo ribaltare l’odio, si è riso delle accuse della Moratti a Pisapia, si è fatto vedere a tutti quant’è facile incolpare, lanciare la pietra, lo si è fatto ridendo sulla pagina “è tutta colpa di Pisapia”. Ci si è resi conto di quanto sia grottesco l’attacco all’avversario non sul programma, ma sulla storia personale, per di più falsata. Ci si è resi conto del potere immenso della fantasia. Si è visto che avere miliardi per fare campagna elettorale non serve a niente se non si hanno idee e che quel che conta sono le persone.

Non si è creduto a falsi slogan che identificano il pericolo nel diverso, la moschea più grande d’Europa e zingaropoli non hanno funzionato. Si è spiegato chiaramente, memorabile in questo Stefano Boeri (capolista Pd) al tg4, che il problema non sono rom e islamici, ma la gestione della loro integrazione in uno stato di perenne emergenza. E poi ha pagato il contatto con la realtà, fornito dall’informazione web che ha rotto la bolla di molti che percepivano la realtà solo attraverso la tv. I milanesi conoscono Torino città di sinistra da decenni e sanno che non è invasa da rom ed islamici: perché avrebbe dovuto succedere a Milano? Si è riso estremizzando. Si sono fatte vignette del tipo: ”il prossimo sindaco di Milano?“ “Zingaro!”

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Vedendo il candidato sindaco nei quartieri, che chiedeva, vicino, la gente ha imparato una politica partecipativa, di squadra, in cui ciascuno fa il proprio pezzetto, ma il fatto di lavorare insieme rende tutti questi pezzetti un meraviglioso mosaico. L’ha imparato dall’atteggiamento di Boeri dopo le primarie che, da candidato favorito eppur sconfitto, si è messo al servizio del progetto di Pisapia portando la sua chiarezza, la sua competenza, spendendosi senza riserve e facendo il DJ, l’opinionista, il coordinatore di iniziative senza mai fermarsi.

La politica di squadra si è vista anche nella compilazione delle liste che hanno incluso tutti quelli che si sono spesi per la città e vogliono contribuire a migliorarla ancor di più, dalla presidente di Casa della Carità Maria Grazia Guidi a Patrizia Quartieri (già consigliera comunale che sotto la giunta Moratti si è spesa senza riserve per i rom), indipendentemente dalle culture di riferimento verdi, sinistra sinistra, cattolici purché animati dalla voglia di lavorare insieme. Ognuno si è messo in gioco e ieri ciascuno ha festeggiato, nella vittoria di tutti, la sua vittoria. Si è festeggiata la vittoria di chi ha voluto unire contro quella di chi ha voluto dividere.

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