Il Pd avverte che il vento sta cambiando e dà l'assalto ai collegi in bilico

La campagna elettorale è mirata a recuperare quei collegi in bilico che consentirebbero di fermare l'avanzata della destra. Sono 60, un totale di voti che varia dai 4 mila ai 10 mila. Una forbice molto ampia che non permette sbavature

Il Pd avverte che il vento sta cambiando e dà l'assalto ai collegi in bilico
Enrico Letta
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16 Settembre 2022 - 19.21


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La rimonta è possibile e il vento sta cambiando:  su questo tema il segretario del Partito democratico intende battere per completare una rimonta che, dicono dal Nazareno, è alla portata. La campagna elettorale è mirata a recuperare quei collegi in bilico che consentirebbero di fermare l’avanzata della destra. Sono 60, un totale di voti che varia dai 4 mila ai 10 mila. Una forbice molto ampia che non permette sbavature. 

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Per questo Enrico Letta chiede al partito di rimanere compatto e concentrato sull’obiettivo finale. Un appello non banale, visto che negli ultimi giorni e con cadenza sempre più frequente si susseguono dichiarazioni e interviste di esponenti del Pd sul dopo elezioni, con particolare attenzione al futuro del segretario.

Quello di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna dato per candidato certo alla guida del Pd, è solo l’ultima di una serie di uscite che hanno provocato un certo fastidio nel quartier generale dem: «A nove giorni dal voto l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è parlare di noi», viene fatto notare. 

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«Con il paese piegato dal caro bollette, una guerra nel cuore dell’Europa e le destre che guardano ad Orban pronte ad entrare a Palazzo Chigi, «non possiamo stare a guardarci l’ombelico», viene aggiunto. Nel merito, poi, non convincono alcuni argomenti, come la difesa del Job’s Act portata avanti anche nell’intervista di Bonaccini. Il lavoro sarà il tema centrale dell’ultima settimana di campagna dem, a partire da questo fine settimana, con le mille piazze Pd mobilitate. «Il Job’s act è, ormai, una non questione», sottolineano dal Pd: «Solo Renzi può pensare che quella impostazione fondata sul blairismo possa essere ancora attuale: Blair è tramontato con L’Iraq», aggiungono dal Pd ricordando la vicenda delle armi nucleari mai trovate a Baghdad, ma che hanno fornito la scintilla per dare i via alla guerra. «Questo atteggiamento Renzi ce lo ha su tutto: oggi, con la tragedia che si consumava nelle Marche, ancora parlava dei Mille Giorni, del Piano Shock e del progetto con Renzo Piano», aggiungono dal Nazareno: «La verità è che, dalla Buona Scuola al Rosatellum e passando per la Riforma Costituzionale, quella stagione è un fardello per il Pd».

 Il fastidio per le fughe in avanti rispetto al futuro del partito e del segretario non è attenuato nemmeno dai dati incoraggianti che arrivano dal territorio non attenuano. Anzi: proprio quei dati, è il ragionamento die dem, dovrebbero spingere a mettercela tutta per arrivare a meta.

 Ogni mattina, durante le riunioni motivazionali con i candidati Pd, il segretario ribadisce la necessità di condurre una campagna pancia a terra, «strada per strada, casa per casa». Concentrati sull’obiettivo. Ma se quotidianamente si susseguono ragionamenti di parlamentari e big dem su «cosa accadrebbe se…», questo lavoro rischia di essere vanificato. Ma a parlare del «dopo» sono anche Renzi e Calenda, proprio quelli che «un congresso vero non lo faranno mai», rilevano dal quartier generale del Pd: «Da questi partiti non prendiamo lezioni», aggiungono sottolineando come «il Pd sia l’unico partito a fare dei congressi veri, che eleggono degli organi elettivi. Il Pd e la Lega, ma quest’ultimo con un modello da centralismo democratico», aggiungono. 

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È anche per questa ragione che il `No´ secco opposto da Mario Draghi a un suo reincarico a Palazzo Chigi è stato accolto con una certa soddisfazione da alcuni dem. Non che ci sia, nel partito, qualcuno che guardi a Draghi con sentimenti inferiori alla gratitudine. La soddisfazione è data dal fatto che «con il no di Draghi a qualsiasi proposta di Draghi Bis, ora è ancora più chiaro: la proposta di Calenda e Renzi non esiste. Se non nel loro suggestivo mondo immaginario», spiegano dal Nazareno. D’altra parte, aggiungono, «il presidente del Consiglio è espressione di un esecutivo di larghe intese, che non ha un partito di riferimento e lo stesso Draghi ha sempre tenuto a sottolineare la sua posizione a-partitica. 

Ecco perché quanti cercano di utilizzarlo in questa contesa finiscono per apparire come Totò e Peppino che vogliono vendere la Fontana di Trevi, un patrimonio che appartiene a tutti. A tutto questo il Pd contrappone un lavoro molto concreto messo a punto nelle ultime ore. Non solo sul programma, ma su tutte le emergenze del Paese. L’inserimento del Terzo Settore nel perimetro del decreto aiuti bis, raccontano dal Pd, è arrivato dopo 48 ore di contatti informali fra i dem e ambienti di governo e ha provocato una ovazione corale, aperta dal segretario: «Un passo decisivo per tante realtà associative che accompagnano quotidianamente le tante fragilità di cui è composta la nostra società. Il Governo ha appena accolto la nostra richiesta di inserire il Terzo Settore nel Decreto». 

Che la partita sia aperta, infine, sembra confermato dai segnali che arrivano dal centrodestra, dove Matteo Salvini e Giorgia Meloni danno vita a `scaramucce´ pressoché quotidiane sui temi più spinosi. «C’è una crescente tensione», argomentano dal Nazzareno, che si manifesta anche con il travaso di deputati che si è visto nelle ultime ore da Forza Italia a Fratelli d’Italia. C’è poi quello che i dem definiscono un «crollo» della Lega in alcuni territori, soprattutto al Sud, dove il Carroccio potrebbe tornare ai numeri pre-Salvini. 

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