Trump, il prestigiatore della Casa Bianca che trasforma il genocida Netanyahu in un brav'uomo

L’Erode di Tel Aviv che ha sulla coscienza 19mila bambini palestinesi uccisi dall’”esercito più morale al mondo” ma per Trump è un dettaglio

Trump, il prestigiatore della Casa Bianca che trasforma il genocida Netanyahu in un brav'uomo
Donald Trump e Benjamin Netanyahu
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Agosto 2025 - 17.07


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Ecco a chi Giorgia Meloni bacia la pantofola. Eccolo, il leader dell’Occidente democratico, liberale, che dà lezioni al mondo di civiltà. Eccolo, colui che tiene in scacco l’imbelle Europa. Il prestigiatore della Casa Bianca, che trasforma un criminale in un eroe di guerra, un cinico individuo che pur di restare al potere sta consumando un genocidio, che, oplà, diventa per incanto un “brav’uomo”.

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Un vecchio adagio dice che Dio li fa e poi l’accoppia. Per Donald Trump e Benjamin Netanyahu il saggio proverbio calza come un guanto. Il pregiudicato e il carnefice. Che si autoassolvono, con la corte di aedi che applaude. Hurrah, Hurrah. L’Occidente è morto. E Trump è il suo becchino. Così come Netanyahu lo è dell’Israele dei padri fondatori.

L’Israele di Ben Gurion, Golda Meir, Yitzhak Rabin, Shimon Peres. Definire un “brav’uomo” quello che per milioni di israeliani, se non la maggioranza di certo quasi la metà, è un golpista, un primo ministro che se la guerra finisse sarebbe costretto a presentarsi davanti a una commissione d’inchiesta per dar conto delle sue responsabilità nella tragedia più grande nella storia d’Israele. Un individuo che usa la Shoah come arma di aggressione contro chiunque osi contestare la sua politica sanguinaria.

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L’Erode di Tel Aviv che ha sulla coscienza 19mila bambini palestinesi uccisi dall’”esercito più morale al mondo”, morti sotto il fuoco dell’artiglieria o dalle bombe sganciate – neanche a Dresda furono così tante e potenti – sulla Striscia di Gaza; bambini fatti morire di fame o per mancanze di cure, ecco questo signore è considerato dal capo dell’iperpotenza mondiale, che ambisce al Nobel per la pace, un “eroe di guerra”. Da celebrare. 

Siamo oltre ogni limite della decenza umana. Pensate voi se Roosvelt avesse usato la stessa definizione per Hitler, o Churchill per Mussolini. 

In ultimo veniamo a noi. Noi cittadini italiani, noi europei. Non rivoltarsi contro chi omaggia il tycoon, vantandosi di essere nel suo cuore; continuare a sostenere che gli Stati Uniti guidati da un simile individuo, siano ancora il faro del mondo, far questo significa essere complici di chi ha definito il criminale di Tel Aviv un “brav’uomo”. 

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