In Italia frasi come quelle di Kirk cadrebbero nelle maglie della legge Mancino che sanziona l’istigazione all’odio

L’omicidio dell’attivista e influencer “maga” Charlie Kirk è un evento talmente tragico che non sarebbe stato necessario alcun commento, a parte la scontata condanna del crimine e le condoglianze ai familiari. 

In Italia frasi come quelle di Kirk cadrebbero nelle maglie della legge Mancino che sanziona l’istigazione all’odio
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Giovanna Musilli Modifica articolo

16 Settembre 2025 - 16.50


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L’omicidio dell’attivista e influencer “maga” Charlie Kirk è un evento talmente tragico che non sarebbe stato necessario alcun commento, a parte la scontata condanna del crimine e le condoglianze ai familiari. 

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E invece, in Italia, da giorni assistiamo a strumentalizzazioni mediatiche da parte di tutti gli schieramenti politici. Soprattutto quelli di destra, in realtà. Come sciacalli che si avventano sulla preda, vari politici delirano da giorni sul clima di odio fomentato dall’estrema sinistra, sulla libertà di parola e sul martirio in difesa delle proprie idee. Mettiamo un po’ di ordine. 

In primo luogo, in Italia non esiste alcuna estrema sinistra e forse nemmeno una sinistra, a meno che non si consideri “sinistra” il PD, ma ci vuole un certo coraggio. A cosa serve quindi prendersela con i fantasmi? Per l’appunto ad avvelenare i pozzi. Che Elly Schlein o Nicola Fratoianni – quand’anche ne fossero intenzionati – siano in grado di generare un clima di odio nell’opinione pubblica italiana è davvero un’enormità.

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Passiamo alla libertà di parola costituzionalmente garantita e fondamento ideale di qualsiasi architettura liberal-democratica. 

Kirk era uno che faceva affermazioni del genere “il prezzo che paghiamo per la libertà di possedere armi è che qualcuno talvolta sarà ucciso”; “l’aborto va vietato. Se mia figlia di dieci anni venisse violentata dovrebbe partorire”; “Michelle Obama, donna di colore, ha un cervello inferiore di quello di una donna bianca”; “l’islam non è compatibile con la civiltà occidentale”; “un uomo che si identifica come trans sta facendo qualcosa di malvagio, non importa che nella sua testa lui pensi di star facendo una cosa buona: anche i nazisti lo pensavano”. 

Insomma, Meloni e Salvini sono due educande, a confronto. 

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A questo punto, è forse ora di chiedersi: può la libertà di parola giustificare dichiarazioni pubbliche così violente, razziste e ignoranti? La libertà di parola può consentire di esprimersi liberamente anche a chi vorrebbe confiscare le libertà civili degli altri? 

La questione meriterebbe quanto meno una riflessione pubblica, in primis negli Stati Uniti, dove Kirk ha potuto esprimere liberamente idee tanto odiose. Le democrazie dovrebbero imparare a difendere se stesse di fronte ai pericoli estremisti. Un modo sarebbe quello di estromettere dal campo delle tutele costituzionali le dichiarazioni che istigano alla violenza, all’odio e all’oppressione di diritti altrui. Insomma, dire che un nero è inferiore a un bianco dovrebbe essere vietato per legge in tutti i paesi democratici. Tanto più se di mestiere si fa l’influencer. In Italia, affermazioni come quelle di Kirk in realtà cadrebbero nelle maglie della legge Mancino del 1993, che sanziona l’istigazione all’odio. Eppure, nessuno si è scandalizzato di sentire politici di primo piano manifestare assoluta condivisione rispetto alle posizioni dell’influencer trumpiano.

In un recente videomessaggio inviato alla convention del partito spagnolo di estrema destra Vox, la presidente del consiglio Giorgia Meloni, a proposito di Kirk, ha evocato il martirio in nome del libero pensiero. Conviene spiegare alla premier che la qualifica di “martire” andrebbe attribuita a chi pur di difendere la libertà di espressione è pronto a morire vittima di poteri coercitivi e violenti. Per essere più chiari: Giordano Bruno fu un martire della libertà di pensiero, perché non ritrattò le sue idee sull’universo di fronte a una Chiesa dogmatica e autoritaria. Kirk è rimasto vittima della violenza da lui stesso difesa e auspicata come collante sociale: non è affatto un martire. Piuttosto, era uno che la libertà la voleva negare a varie categorie sociali, non uno pronto a morire in suo nome. 

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Ciò non toglie nulla alla condanna incondizionata dell’omicidio, va da sé. Ma restituisce un minimo di analisi dei fatti. 

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