Bologna, Lepore accusa la gestione 'sconsiderata' dell'ordine pubblico: "Manderò la fattura dei danni a Piantedosi"

Il Comitato per l’ordine pubblico di Bologna, composto da prefetto, questore e vertici locali, aveva indicato una strategia diversa per gestire la partita Virtus–Maccabi, una gara che da giorni veniva segnalata come ad alto rischio.

Bologna, Lepore accusa la gestione 'sconsiderata' dell'ordine pubblico: "Manderò la fattura dei danni a Piantedosi"
Matteo Lepore
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22 Novembre 2025 - 19.28


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Il giorno dopo gli scontri che hanno trasformato il centro di Bologna in un teatro di devastazione, la ricostruzione dei fatti assume i contorni di ciò che molti temevano e che il sindaco Matteo Lepore aveva cercato di prevenire: una gestione dell’ordine pubblico imposta dall’alto, ignorando le indicazioni degli organi locali, che ha esposto la città a un rischio evidente e, soprattutto, evitabile.

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Le prime stime dei danni parlano di circa 100 mila euro solo per il patrimonio pubblico. A questi si sommeranno i costi relativi ai veicoli e ai beni privati. Ma la cifra, pur importante, non restituisce la misura del clima vissuto dai residenti: molti sono rimasti bloccati fuori casa, altri hanno assistito a scene di guerriglia nel cuore della città. «È stato un vero e proprio coprifuoco», ha ricordato Lepore, che ha scelto subito di fare ciò che nessun esponente del governo ha ritenuto necessario: chiedere scusa ai cittadini.

Il sindaco ha espresso solidarietà anche alle forze dell’ordine — sedici agenti feriti — inviate «in un contesto non facile». Ma al centro del suo intervento non c’è la polemica generica: c’è una ricostruzione puntuale delle responsabilità politiche. Il Comitato per l’ordine pubblico di Bologna, composto da prefetto, questore e vertici locali, aveva indicato una strategia diversa per gestire la partita Virtus–Maccabi, una gara che da giorni veniva segnalata come ad alto rischio.

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Quella strategia non è stata adottata. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha imposto una linea alternativa, vincolando prefetto e questore a seguirla. Una decisione che Lepore definisce “sconsiderata”, perché assunta ignorando la conoscenza territoriale e le valutazioni tecniche di chi Bologna la governa e la vive.

Il risultato è stato sotto gli occhi di tutti: cariche, lanci di oggetti, strade invase dal fumo, cittadini chiusi in casa e vetrine distrutte. «Scene di guerriglia che si potevano evitare», ha detto il sindaco, ricordando di aver chiesto di «usare la testa e non i muscoli». Una richiesta rimasta inascoltata.

Lepore ha denunciato anche la natura politica della scelta: «Bologna si è trovata in mezzo a uno scontro muscolare e testosteronico fra un gruppo di estremisti e il ministro degli Interni». Una strumentalizzazione, secondo il primo cittadino, che ha trasformato una partita di basket in un terreno di prova per affermare un modello di ordine pubblico rigido, schematico, più attento al messaggio politico che alla sicurezza reale delle persone.

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L’errore più grave, però, sta nell’ostinazione a mantenere la gara nel centro cittadino pur sapendo che sarebbe stata un catalizzatore di tensioni. Per Lepore sarebbe bastato spostarla in una sede periferica, evitando di far coincidere un evento ad altissimo rischio con una zona densamente abitata. Una scelta di buonsenso, ignorata.

Ora tocca alla città fare i conti. E Lepore non intende far pagare ai bolognesi scelte che considera imposte e sbagliate: ha annunciato che il conto dei danni verrà formalmente trasmesso al ministero. Non una provocazione, ma un atto politico netto, che rende esplicito ciò che nella giornata di ieri è apparso evidente: Bologna non vuole più subire decisioni calate dall’alto che mettono a rischio la sicurezza dei suoi cittadini.

La notte degli scontri non è stata il frutto del destino né un imprevisto ingestibile. È stata, come indica il sindaco, la conseguenza diretta di una gestione che ha preferito la dimostrazione di forza alla prevenzione e all’ascolto del territorio. E a Bologna, oggi, la forza che si è vista è quella dei cittadini e delle istituzioni locali che chiedono rispetto, responsabilità e competenza.

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