Ignazio La Russa ha trasformato il caso Garofani in un attacco diretto all’assetto istituzionale che circonda il Presidente della Repubblica, aprendo un nuovo capitolo nella strategia di Fratelli d’Italia volta a mettere sotto pressione il Quirinale. Il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, ha affermato che per Francesco Saverio Garofani «forse è meglio che quel ruolo lo lasci a qualcun altro», spingendo così la maggioranza su un terreno che supera la contestazione personale e tocca l’autonomia stessa della Presidenza.
Fin dall’inizio del suo intervento, La Russa ha cercato di delegittimare il consigliere militare di Mattarella, sostenendo che si sarebbe espresso «in un ambiente di tifosi, come capita a tutti, a ruota libera», e che le posizioni attribuitegli sarebbero «i suoi personali desideri». A suo giudizio, Garofani avrebbe mancato l’imparzialità richiesta al ruolo e, soprattutto, non avrebbe offerto «la smentita» che secondo La Russa era necessaria, liquidando tutto come «chiacchiere tra amici».
Nel cuore dell’attacco, La Russa ha scelto toni volutamente estremi per amplificare lo scontro: «Fosse stato uno di destra, oggi lo vedremmo appeso nei lampioni di qualche città, o probabilmente cattolicamente crocifisso». Una frase che ha immediatamente assunto il peso politico di un’operazione a tenaglia: colpire Garofani per colpire, indirettamente, l’autorevolezza dell’intero staff presidenziale.
La Russa ha insistito sul fatto di non aver avanzato una richiesta formale: «Non ho chiesto le dimissioni». Ma la distinzione appare puramente nominale: l’obiettivo è spingere un consigliere del Capo dello Stato a un passo indietro, mettendo in discussione la sua permanenza in un organo – il Consiglio Supremo di Difesa – strategico per gli equilibri tra governo e Presidenza. Lo conferma la sua stessa puntualizzazione: «Se lo dice un consigliere del Presidente della Repubblica non si può addossare questo pensiero al Presidente», un modo per isolare la figura di Garofani e presentarla come un problema da rimuovere.
In chiusura, La Russa ha dichiarato: «Ho piena solidarietà per Mattarella, che sicuramente non condivide le idee del suo consigliere». Una frase che, inserita nel contesto del suo affondo, suona come il tentativo di separare il Presidente dal suo staff per legittimare l’idea che l’ambiente del Colle sia permeato da orientamenti indesiderati e vada “corretto”.
L’intera sequenza delle sue parole, tutte pronunciate in un evento politico pubblico, appare come parte di un disegno più esteso: utilizzare il caso Garofani per contestare indirettamente la struttura che affianca il Capo dello Stato e aprire un fronte di logoramento nei confronti del Quirinale. Un tassello ulteriore nella pressione crescente che FdI esercita per ridimensionare il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica.
