Elkann porta la Juve a omaggiare Trump mentre il tycoon è impegnato a minacciare l'Iran e deportare gli immigrati

In una visita che non figurava nell’agenda ufficiale della Casa Bianca, la Juventus è stata ricevuta nello Studio Ovale da Donald Trump

Elkann porta la Juve a omaggiare Trump mentre il tycoon è impegnato a minacciare l'Iran e deportare gli immigrati
La Juventus da Trump
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19 Giugno 2025 - 00.36


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In una visita che non figurava nell’agenda ufficiale della Casa Bianca, la Juventus è stata ricevuta nello Studio Ovale da Donald Trump. Presenti all’incontro, oltre alla squadra bianconera e all’allenatore Igor Tudor, anche il presidente della FIFA Gianni Infantino e – soprattutto – John Elkann, presidente di Stellantis e amministratore delegato della holding Exor, proprietaria del club.

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La delegazione juventina era a Washington in vista della sfida contro l’Al-Ain, valida per la prima partita del girone del nuovo Mondiale per club. Ma la visita alla residenza presidenziale statunitense ha catalizzato l’attenzione: non solo per la cornice inusuale, ma per il significato simbolico e politico che inevitabilmente si porta dietro.

Il faccia a faccia con Trump, che nelle ultime settimane è tornato a occupare le prime pagine per i suoi toni incendiari e le sue dichiarazioni su Iran, Palestina, immigrazione e avversari politici, appare come una mossa costruita ad arte da Elkann per rafforzare relazioni e visibilità nel mercato nordamericano – terreno chiave sia per l’industria automobilistica che per lo sport business. Ma il prezzo dell’operazione è tutt’altro che neutro.

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L’ex presidente – tornato a dominare la scena repubblicana in vista delle elezioni – ha approfittato della presenza dei giocatori per inscenare uno dei suoi tipici siparietti: tra battute sulla possibilità che le donne giochino nella Juventus maschile e una delle sue invettive contro i migranti, ha indicato gli atleti alle sue spalle – tra cui Weston McKennie, Timothy Weah e Dusan Vlahovic – per ribadire che “chi viene in America deve farlo legalmente e amare il nostro Paese”.

Parole che, a fronte delle sue posizioni sempre più radicali sull’immigrazione e delle recenti dichiarazioni belliciste contro l’Iran a sostegno di Israele, rendono discutibile la scelta della Juventus di prestarsi a un’operazione di questo tipo. L’accoglienza all’ambasciata italiana nella capitale USA poteva rappresentare un’occasione istituzionale e diplomatica sufficiente, senza necessariamente associarsi – anche solo per opportunismo commerciale – a una figura che continua a dividere il mondo e a fomentare tensioni interne e internazionali.

In questo contesto, l’incontro nello Studio Ovale non è sembrato un semplice omaggio sportivo, ma piuttosto un’operazione di immagine orchestrata da Elkann, con l’intento di rafforzare legami e investimenti in un momento cruciale per Stellantis e il suo piano di espansione. Ma il rischio è quello di trasformare la Juventus in un’appendice del potere politico-economico, a scapito di una neutralità che lo sport – almeno idealmente – dovrebbe preservare.

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