Golpisti, dittatori e autocrati uniti nella lotta all'omosessualità: ma non Francesco
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Golpisti, dittatori e autocrati uniti nella lotta all'omosessualità: ma non Francesco

La sfida dentro e fuori dalla Chiesa cattolica. Una sfida da far tremare vene e polsi per l’enormità di ciò che Francesco, alla sua età, ormai difende da solo. Per fortuna i cattolici Lgbt lo hanno capito. 

Golpisti, dittatori e autocrati uniti nella lotta all'omosessualità: ma non Francesco
Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

11 Agosto 2023 - 15.01


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La gratitudine espressa a Papa Francesco dai cattolici del mondo Lgbtq per l’apertura e inclusività dimostrata anche in occasione della GMG di Lisbona e le loro parole di rammarico e sconcerto per la preclusione e violenza verbale dimostrate da alcuni ambienti cattolici nella stessa occasione, con i giovani di Dignity Usa costretti ad allontanarsi la sera della veglia conclusiva, pongono di tutta evidenza un problema che va capito nella sua enormità.

Per tentare di farlo con obiettività dobbiamo tenere a mente questo e contemporaneamente spostarci in Burkina Faso, dove il generale golpista, molto apprezzato in ambienti che si definiscono anti imperialisti, ha rilasciato una rara dichiarazione nella quale ribadisce la sua vicinanza alla Russia di Vladimir Putin: perché? Per la comune lotta all’omosessualità, in difesa dei valori popolari.

Dunque nel Sahel tormentato da jihadismo, neo colonialismi spietati, disastri ambientali, crisi dissolutiva della statualità, guerre feroci, il generale golpista Ibrahim Traorè, amico giurato dei golpisti che hanno preso il potere con l’aiuto del gruppo Wagner in Niger, individua nell’omosessualità il vero problema e nella visione comune su questo con Putin il punto decisivo per la sua scelta di campo.

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Tutto qui? No, non è tutto qui. In un Libano dove ormai si combatte con i bazooka nei campi profughi palestinesi, nelle strade che collegano Beirut con la Siria e dove un camion pieno di armi di Hezbollah si cappotta di notte e la scorta del prezioso carico spara contro i passanti o nei pressi dell’automobile del ministro della difesa che rimane miracolosamente illeso, il Presidente del Consiglio in carica per il disbrigo degli affari correnti decide di portarsi tutto l’esecutivo in montagna, per riunirsi nella residenza estiva del patriarca maronita. Il premier in questione viene subissato di richieste di chiarimento che non sa dare: perché il governo deve riunirsi nella residenza del patriarca, a Diman, a 1400 metri d’altezza? Non sa dirlo neanche lui, e specifica che sarà solo un momento di riflessione comune. Poi esce e a un Paese stordito dalla gravità di quanto accade, annuncia che lui a breve andrà in vacanza ma prima ha voluto cercare con i suoi ministri una base morale comune, e l’hanno trovata nell’opposizione all’omosessualità dilagante.

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Forse frugando tra le farneticazioni più recenti di politici e politicanti di peso mondiale se ne potrebbero trovare altre simili, perché i filo russi, quale certamente è il premier libanese amico di Hezbollah, sanno benissimo che il patriarca russo ha spiegato l’invasione dell’Ucraina con il fermo no russo alla consegna dell’Ucraina all’Occidente dei Gay Pride.

E’ questa, quella formulata dall’ex agente del KGB e attuale patriarca moscovita Kirill, la migliore presentazione di un mondo illiberale, corrotto, autoritario e pronto a tenere insieme l’estrema destra autoritaria e omofoba e l’estrema sinistra autoritaria e americanofoba. 

Chi erige una diga contro questa aggressione globale non è certo la sinistra occidentale,  radicaleggiante e di fatto piegata a una visione della libertà come diritto esclusivamente individuale e mai sociale, ma solo papa Francesco. Questa è l’enormità della sua sfida dentro e fuori dalla Chiesa cattolica. Una sfida da far tremare vene e polsi per l’enormità di ciò che Francesco, alla sua età, ormai difende da solo. Per fortuna i cattolici Lgbt lo hanno capito. 

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