Avranno un sacco di lavoro gli storici per capire quanto e come moltissimi si stanno esprimendo sul nuovo papa: dai social alla carta stampata, dalle TV ai dialoghi interpersonali. Certo è lecito e bello dire e comunicare cosa si pensa, i propri desideri, l’intravedere prospettive vecchie e nuove.
La domanda difficile: perché è così importante arruolare il papa? Forse perché è l’unico leader mondiale non arruolato nei giochi della polarizzazione e degli opposti estremismi? Dimenticando, poi, che c‘è un limite, il più ovvio possibile: io non sono il papa e lui non è me, né papa Francesco, né chiunque altro. È “unico e irripetibile” (Giovanni Paolo II), come tutti gli uomini e donne di questo pianeta e di tutti i tempi. Quindi che farà non ci è dato conoscerlo. Quindi ha poco senso scrivere – come fa un ecclesiastico – “Ci sarà senz’altro una continuità fra i due pontificati, ma aggiungerei che dobbiamo attenderci almeno l’ottanta per cento di novità”.
Attonito. E chi glielo ha detto? A quale scienza previsionale si ispira? La valutazione si fa su parole e fatti ed entrambi sono così pochi, finora, per formulare un giudizio ponderato e serio. Come anche docenti e intellettuali che hanno già deciso che stile, contenuti, prassi e finalità avrà questo pontificato. Ma hanno una linea diretta con il Padre Eterno? E perché si alterano poi così tanto se il papa Leone (come i predecessori) non dice quello che pensano loro.
Il problema vero è che nel campo ecclesiastico spesso ci sono gli stessi difetti che critichiamo in politica e nelle istituzioni laiche; una sorte di trave e pagliuzza di evangelica memoria. E così crescono in pastori e fedeli, come in politici e cittadini: autoreferenzialità, fretta di salire sul carro del vincitore (finanche offendendo il predecessore), ricerca di consenso e privilegi (nuovi e vecchi), imitazioni di stili e affermazioni del capo, il bilancino delle parole rimodulato al momento, la spettacolarizzazione della vita comunitaria… eccetera, eccetera. Scriveva Primo Mazzolari: “Il nostro mondo non ha bisogno di “essere divertito” ma restituito alla serietà del vivere, del pensare, del sapere”.
Brevi spatio: Intanto mi hanno toccato diversi brani, nell’omelia dell’inizio pontificato, come: “Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù. (…). Senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo. (…). Una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità”.