Il Vangelo odierno: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. (Lc 1, 39-56 – Solennità di Maria Assunta in Cielo).
Uno dei più grandi teologi cattolici – Karl Rahner – scriveva che la festa odierna celebra una “costante e incompresa verità”. Non mi riferisco, con tutto il rispetto, a chi oggi celebra solamente il “ferragosto” ovvero le “feriae augustales” dell’antica Roma, ma a quei cristiani che hanno difficoltà a capire e meditare il fatto che oggi celebriamo “l’assunzione di Maria in corpo e anima” quindi “quello che professiamo di lei lo diciamo per ciascuno di noi: resurrezione della carne e vita eterna”.
I due riferimenti – resurrezione della carne e vita eterna – ci creano molte difficoltà di fede e di prassi di vita. Mi soffermo solo sul primo: resurrezione della carne, cioè del corpo, della nostra realtà fisica. Di questi tempi “il corpo – come scrive William Davies – è diventato una delle principali aree di scontro degli esperti e delle loro prospettive morali, emotive e politiche”. La pandemia e post pandemia potevano essere una occasione preziosa per riflettere sul corpo, ma purtroppo il post pandemia è stato divorato dalla fretta di dimenticare e voltar pagina. E, di conseguenza, siamo ritornati nei vecchi estremismi di ogni genere: da un parte il culto del corpo (cosmesi, chirurgia estetica, ricerca fanatica del peso forma, diete assurde); dall’altra l’offesa della dignità del corpo (violenze, mutilazioni, abusi, omicidi, pornografia, discriminazioni sessuali ed etniche, dipendenze varie).
Maria esulta per le “grandi cose che ha compiuto” in lei l’Onnipotente. Noi lo facciamo? Diciamo grazie al Signore per come ci ha fatti? Lo lodiamo per i doni fisici che abbiamo? Oppure i canoni di bellezza imposti dalle logiche commerciali e dei media ci fanno sentire frustrati perché non siano belli come quello o quella, o come la pubblicità impone? Se non superiamo questi falsi criteri estetici e di salute non scopriremo e comprenderemo mai le meraviglie che Dio opera anche nel nostro corpo e per mezzo del nostro corpo. “La bellezza di ogni creatura – ha scritto Primo Mazzolari – è nella sua capacità di rinnovarsi”.
Un lungo cammino ci attende – se non lo abbiamo ancora iniziato – per comprendere che Dio mi ha voluto cosi, anche fisicamente, per un progetto di salvezza. Siamo “tempio dello Spirito Santo” (1 Cor 6, 19), ciò significa che Dio abita la nostra realtà corporea costantemente e in ogni momento – nella forza come nella debolezza, nella salute come nella malattia, nella serenità psicofisica come nella prova – è in noi e con noi per “spiegare la potenza del suo braccio” e renderci più forti e sereni, per diversi aspetti anche più belli. Dio dispiega questa forza in noi sempre, in tutti coloro che lo invocano con fede e si abbandonano a Lui.
Lo ha compreso bene persino un autore ateo come Albert Camus che mette in bocca a padre Paneloux queste parole: “qui si manifesta la divina misericordia che ha messo in ogni cosa il bene e il male, la collera e la pietà, la peste e la salvezza. Lo stesso flagello che vi martirizza, vi eleva e vi mostra la via”.