Tre anni dopo Mahsa Amini il movimento Donne Vita Libertà sfida il regime iraniano: democrazia, diritti e autodeterminazione

Nel terzo anniversario, la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, collegata con la sala stampa del Parlamento italiano dalla sua casa di Tehran, dove si trova agli arresti domiciliari, ha voluto ribadire gli obiettivi del movimento. 

Tre anni dopo Mahsa Amini il movimento Donne Vita Libertà sfida il regime iraniano: democrazia, diritti e autodeterminazione
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Giuliana Sgrena Modifica articolo

16 Settembre 2025 - 23.47


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Tre anni di feroce repressione – centinaia di vittime, prigionieri, condannati a morte – non hanno piegato il movimento Donne Vita Libertà, nato per protestare contro l’assassinio avvenuto in carcere, il 16 settembre 2022, di Mahsa Jina Amini, arrestata perché non portava correttamente il ciador. 

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Nel terzo anniversario, la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, collegata con la sala stampa del Parlamento italiano dalla sua casa di Tehran, dove si trova agli arresti domiciliari, ha voluto ribadire gli obiettivi del movimento.  Un ennesimo atto di coraggio per una donna che, nonostante le numerose condanne e le sue precarie condizioni fisiche, si è sempre battuta per i diritti umani e quelli delle donne in particolare. Donne spesso condannate alla pena capitale semplicemente per aver difeso i propri diritti come Pakshan Azizi, Sharifa Mohammadi, Warisha Muradi. La loro sorte ha provocato una mobilitazione internazionale che finora ha evitato loro la forca. Ma fino a quando? 

«In Iran regna un equilibrio instabile, dal punto di vista economico, sociale e politico. La Repubblica islamica ha perso l’autorità e la legittimità del potere. La dittatura religiosa ha dimostrato di essere irriformabile ma anche incompetente, incapace di affrontare i problemi del paese». L’analisi della premio Nobel è puntuale. 

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Donna Vita Libertà è un «movimento rivoluzionario che ha portato a grandi cambiamenti nella società, non è solo un movimento di protesta ma di rinascita intellettuale, che non chiede più riforme parziali bensì il cambiamento del sistema. Per ora non è riuscito a far cadere la repubblica islamica ma ha messo in discussione la sua autorità, il popolo è consapevole di avere il diritto all’autodeterminazione, a scegliere il proprio futuro», sostiene Mohammadi. Ma come? «Con un referendum libero, con la supervisione della comunità internazionale, questa è la strada più semplice per affermare il diritto all’autodeterminazione». Un diritto che gli ayatollah non concederanno mai agli iraniani, pacificamente. La strada è ancora lunga, irta di ostacoli che provocheranno altre vittime. 

Eppure, Mohammadi è convinta che indietro non si torna, il movimento ha aperto la via per raggiungere una «democrazia secolare» che garantisca libertà, giustizia, rispetto dei diritti umani e anche delle diverse componenti etniche e religiose dell’Iran. «La transizione sarà lunga – ammette la premio Nobel – ma il popolo è pronto».  Tuttavia, Mohammadi non si fa illusioni: «nel mondo non regna l’uguaglianza, ma le istituzioni che rappresentano paesi democratici dovrebbero sostenere chi lotta per il diritto all’autodeterminazione, affinché un futuro di pace e giustizia sia possibile. Non solo per l’Iran. Il Medio oriente è travolto dalla violenza (la guerra dei dodici giorni con Israele e Usa ha investito anche l’Iran), dalla tirannia, dalla guerra, dove le donne bruciano in un crudele apartheid di genere». Quell’apartheid di genere che chiedono all’Onu di riconoscere come crimine contro l’umanità.

Donna Vita Libertà è un movimento che non riguarda solo l’Iran, ma anche l’Afghanistan e le donne curde, che hanno coniato lo slogan. In Iran è un movimento importante perché partendo da uno slogan femminista contro l’imposizione del ciador, è riuscito a inglobare rivendicazioni che riguardano tutta la società, le diverse generazioni, strati sociali ed etnie, assumendo un carattere rivoluzionario. Le richieste del movimento sono infatti incompatibili con un regime teocratico quale la Repubblica islamica. 

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Purtroppo, la solidarietà internazionale, soprattutto del mondo femminista, ma non solo, dopo un primo slancio – con il taglio di una ciocca di capelli – ha abbandonato la causa di Donna Vita Libertà. Non è stata colta l’universalità della lotta contro uno stato teocratico che non riguarda solo l’Iran.

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